Il fratello minore di Petrarca nacque a
Incisa Valdarno nel 1307 e nel 1312 seguì il resto della famiglia in Provenza, a
Carpentras; nel 1320 venne mandato all'università di
Bologna insieme a Francesco, con cui fece ritorno ad
Avignone nel 1326 dopo la morte del
padre. Degli anni avignonesi di Gherardo ci informa, forse calcando un po' i toni, una lettera del 1349 (
Familiares X 3) che è la prima delle sette a lui dirette e che interessa anche per ciò che Petrarca dice di sé stesso: i due fratelli, da giovani della buona società, avrebbero condotto una vita gaudente e dissipata ("Ricordi quanto grande e quanto vano fosse in noi il desiderio di abiti splendidi [...]; quale il fastidio di vestirsi e svestirsi, fatica ripetuta mattina e sera; quale il timore che un capello uscisse dal posto assegnato o che una lieva brezza scompigliasse la laboriosa acconciatura delle chiome" (1) ) e si sarebbero esercitati nelle prime prove poetiche di argomento erotico ("Quante volte contorcemmo le sillabe, quante volte spostammo le parole; insomma cosa non facemmo perché quel nostro amore che, se non era possibile estinguere, almeno il pudore imponeva di celare, venisse invece cantato per ricevere applausi?" (2) ), almeno fino alla morte della donna amata da Gherardo (che una tradizione, priva però di conferme, vuole sia quella compianta nel sonetto 91 del Canzoniere). Si è soliti ricondurre a questo avvenimento il germe della crisi spirituale che nel 1343 avrebbe condotto Gherardo all'ingresso nell'ordine monastico dei certosini: fu assegnato alla
certosa di Montrieux, vicino a Tolone, dove trascorse il resto della vita. A Montrieux Petrarca andò a trovare il fratello nel 1347 e nel 1353, prima di lasciare per sempre la Provenza; la prima di queste visite gli ispirò la composizione del
De otio religioso e dell'egloga I del
Bucolicum carmen, dove Gherardo compare con il nome pastorale di Monico. Gli altri contatti fra i due ebbero luogo a distanza: a
Padova nel 1351 Petrarca apprese da altri due certosini del comportamento eroico tenuto da Gherardo durante la
peste, a
Milano ricevette un opuscolo di tema religioso scritto dal fratello (1353) e gli spedì una copia delle
Confessiones agostiniane (1354). Gherardo è ricordato anche nel
testamento petrarchesco, dove si prevede per lui a scelta un lascito di denaro in un'unica soluzione oppure una rendita vitalizia.
(1) "Meministi, inquam, quis ille et quam supervacuus exquisitissime vestis nitor [...]; quod illud induendi exuendique fastidium et mane ac vesperi repetitus labor; quis ille metus ne dato ordine capillus efflueret, ne complacitos comarum globos levis aura confunderet".
(2) "Quotiens sillabas contorsimus, quotiens verba transtulimus, denique quid non fecimus ut amor ille, quem si extinguere non erat, at saltem tegi verecundia iubebat, plausibiliter caneretur ?".