In una lettera a Pietro Giordani del 4 settembre 1820 Leopardi annuncia di aver “abbozzato” “certe prosette satiriche”, “quasi per vendicarmi del mondo, e quasi anche della virtù”: si tratta del primo passo verso le Operette morali.
L’esigenza leopardiana di scrivere in forma satirica sui “costumi presenti” viene affermata in un Disegno letterario del 1819-20:
Dialoghi satirici alla maniera di Luciano, ma tolti i personaggi e il ridicolo dai costumi presenti o moderni, ... insomma piccole commedie, ... le quali potrebbero servirmi per provar di dare all’Italia un saggio del suo vero linguaggio comico che tuttavia bisogna assolutamente creare, ...
E ancora ribadita in un passo dello Zibaldone del 27 luglio 1821 (pp. 1393-4):
A volere che il ridicolo primieramente giovi, secondariamente piaccia ... deve cadere sopra qualcosa di serio, e d’importante. ... Ne’ miei dialoghi io cercherò di portar la commedia a quello che finora è stato proprio della tragedia, cioè i vizi dei grandi, i principii fondamentali delle calamità e della miseria umana, gli assurdi della politica, ... Così a scuotere la mia povera patria, e secolo, io mi troverò avere impiegato ... le armi del ridicolo ne’ dialoghi e novelle Lucianee ch’io vo preparando.
Tra il 1820 e il ’21 Leopardi abbozzò quindi alcune “prosette” esplicitamente “militanti”, contro il “secolo”, la “politica” e la “civiltà presente” (una caratteristica che nelle Operette sarà parzialmente attenuata, perché Leopardi riconoscerà nella Natura indifferente, e non solo nei cattivi rapporti fra gli uomini, la causa della costituzionale infelicità umana): Dialogo ... Filosofo greco, Murco senatore romano, Popolo romano, Congiurati; Dialoghi tra due bestie p. e. un cavallo e un toro; Dialogo di un cavallo e un bue; e le interessantissime Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello e Dialogo Galantuomo e Mondo.