L’epistolario
Di Leopardi ci sono rimaste moltissime lettere, più di novecento, indirizzate a circa cento destinatari, a partire soprattutto dal 1816. L’importanza di questi testi è grande dal punto di vista documentario, per seguire i viaggi, le amicizie, i progetti leopardiani; ma è grande anche dal punto di vista della storia del suo pensiero, del suo animo e delle sue riflessioni culturali, dal momento che coi destinatari a cui maggiormente è legato Leopardi attenua il proprio abituale autocontrollo per abbandonarsi a confidenze e slanci affettivi.
Inoltre, sebbene non abbia una valore progettualmente letterario, l’epistolario di Leopardi può essere letto come un’opera autonoma, grazie allo straordinario valore di queste prose private, alcune delle quali possono senz’altro gareggiare con le opere maggiori (fra le più notevoli, si possono ricordare la lettera al padre del luglio 1819, circa la progettata fuga da Recanati, o la lettera al fratello Carlo da Roma del 20 febbraio 1823, sul sepolcro del Tasso).
Nel tempo sono stati proposti vari fruttuosi percorsi di lettura all’interno dell’epistolario. Uno è quello “tematico”: ad esempio le lettere riguardanti il corpo e la malattia, o quelle contenenti giudizi sulla letteratura; un altro quello “cronologico”: ad esempio le lettere del periodo romano, o del periodo pisano; un altro infine quello basato sui “destinatari”: ad esempio lo scambio importantissimo con Giordani, tra il ’17 e il ’21, che aprì l’orizzonte culturale di Leopardi, o quello col fratello, improntato allo scambio affettivo (“Amami, per Dio. Ho bisogno d’amore, amore, amore, fuoco, entusiasmo, vita”, gli scrive il 25 novembre ’22 da Roma), o soprattutto quello col padre, il più ampio e il più sofferto. Da notare infine un’assenza: sono poche le riflessioni leopardiane sulle propria attività creativa.
L’edizione di riferimento, con le lettere dei corrispondenti, è curata da Franco Brioschi e Patrizia Landi (2 voll., Bollati Boringhieri, Torino 1998).

