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Percorso tematico nello Zibaldone di pensieri > Riso
Riso
La riflessione sul riso è assai ricca in Leopardi. Fra i molti testi che si potrebbero citare, non si possono scordare l’Operetta Elogio degli uccelli e il suo protagonista Amelio, “filosofo solitario” che progetta di comporre una “storia del riso”, “privilegio” dell’uomo e non degli altri animali: “e perciò pensarono alcuni che siccome l’uomo è definito per animale intellettivo o razionale, potesse non meno sufficientemente essere definito per animale risibile”; e l’Operetta Dialogo di Timandro e di Eleandro, in cui Eleandro (“colui che commisera l’uomo”, alter-ego di Leopardi) afferma: “Ridendo dei nostri mali, trovo qualche conforto; e procuro di recarne altrui nello stesso modo”.
Largamente riprese e rielaborate nei tardi Pensieri, le pagine dello Zibaldone sul riso dimostrano l’attenzione che Leopardi riservò a questo tema:
“Il riso dell’uomo sensitivo e oppresso da fiera calamità è segno di disperazione già matura” [107] il riso vuoto e stupido è frequente nei pazzi, ma anche nei savi completamente disperati della vita [188] è facile scherzare sulle cose fuori del comune o sui difetti corporei, il difficile è “muovere a riso sulle cose ordinarie” [1774] quanto più si è capaci di ridere tanto più si è graditi nella conversazione e nella vita [3360-1] in questo mondo “Tutto è degno di riso fuorchè il ridersi di tutto” [3990] crescendo l’esperienza, e quindi l’infelicità, l’uomo diviene facile al riso e incapace di pianto [4138] in una conversazione, ridere “franco e forte” “con una o due persone” provoca il rispetto degli altri, e toglie loro la baldanza e la superbia: “In fine il semplice rider alto vi dà una decisa superiorità sopra tutti gli astanti o circostanti, senza eccezione. Terribile ed awful è la potenza del riso: chi ha il coraggio di ridere, è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire” [4391].
 
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