Pietro Giordani
Pietro Giordani (Piacenza 1774-Parma 1848), monaco benedettino dal 1797 al 1800, letterato classicista, erudito, polemista, fu condirettore della “Biblioteca Italiana” e collaborò con l’“Antologia” di Vieusseux; subì l’esilio e anche il carcere, nel 1834, per le sue idee liberali.
Leopardi, inviate nel febbraio ’17 tre copie della traduzione dell’Eneide ai grandi classicisti Mai, Monti e Giordani, ricevette dai primi due risposte garbate, ma da Giordani una lettera di aperta disponibilità al colloquio: fu l’inizio di uno splendido rapporto epistolare, fittissimo soprattutto fra ’17 e ’21. Il famoso letterato, dimostrando un “fiuto” straordinario, si accorse subito dell’eccezionalità del suo giovane interlocutore: “Io fermamente mi son posto in cuore che voi dovete essere (e voi solo, ch’io sappia, potete essere) il perfetto scrittore italiano, che nell’animo mio avevo disegnato da gran tempo” (lettera del 24 luglio ’17).
Leopardi trovò finalmente in Giordani un maestro e un confidente; da lui ricevette notizie, consigli e incoraggiamenti, e a lui aprì in lettere torrenziali il proprio animo, scrivendo della propria vita, dei propri studi e progetti, del proprio desiderio di gloria letteraria. L’influenza di Giordani sul giovane Leopardi fu decisiva anche dal punto di vista etico e civile: non è un caso che dopo la visita del piacentino a Recanati (tra il 16 e il 21 settembre ’18) Leopardi componesse le “patriottiche” All’Italia e Sul monumento di Dante.
Anche negli anni successivi Giordani continuò ad essere un punto di riferimento per Leopardi: tra l’altro fu lui a suggerirgli nel ’24 di contattare Vieusseux (e a presentare sull’“Antologia” tre Operette nel ’26), e fu lui il tramite di molte amicizie bolognesi e fiorentine.
Dopo la morte di Leopardi, nel 1844 Giordani scrisse l’epigrafe per la tomba di Leopardi nella chiesa di San Vitale, e soprattutto nel ’45 curò il terzo volume (scritti filologici giovanili) dell’edizione Le Monnier delle Opere, scrivendo un importantissimo Proemio.

