"Socrate" e "Lelio" sono i soprannomi con i quali Petrarca volle chiamare nelle sue opere due amici, rispettivamente il musico fiammingo Ludwig van Kempen e il politico romano Angelo Tosetti: il primo per il carattere grave ma piacevole (come quello del filosofo greco), il secondo in quanto paradigma di fedeltà (con riferimento al dialogo
ciceroniano Laelius de amicitia). L'attribuzione di nomi fittizi dalle risonanze dotte (come fu anche per
Francesco Nelli, chiamato Simonide) è un aspetto della mentalità classicista di Petrarca, che per parte sua si riservò quello di
Silvio o Silvano a motivo dell'amore per la vita campestre.
Petrarca conobbe Socrate e Lelio a
Lombez nel 1330, nella cerchia di
Giacomo Colonna, al quale tutti e tre erano a vario titolo legati, e strinse con loro un'amicizia durevole, della quale resta una vasta testimonianza epistolare: ventisei lettere indirizzate al primo, diciotto al secondo. Socrate è anzi il dedicatario delle
Familiares, e a lui sono rivolte la lettera proemiale e quella conclusiva della raccolta.
Nella mente di Petrarca Socrate e Lelio furono sempre inestricabilmente congiunti, come compagni della stagione giovanile: insieme vengono ricordati nel
Trionfo di Amore (IV 76-78 "Da costor non mi pò tempo né luogo / divider mai, sì come io spero e bramo, / infino al cener del funereo rogo") e insieme Petrarca contribuì a farli tornare nel 1358, quando intervenne per dirimere un dissidio sorto fra di loro. La sorte volle anche che morissero a poca distanza l'uno dall'altro, Socrate nel 1361 e Lelio nel 1363.