BUCOLICUM CARMEN

Il Bucolicum carmen è una raccolta di dodici egloghe, poesie di ambientazione pastorale in forma di dialogo fra personaggi allegorici. Nell'egloga I Monico (il fratello Gherardo) esorta Silvio (Petrarca) a dedicarsi alla poesia di argomento sacro. La II è un compianto sulla morte di Roberto d'Angiò e sulla rovina del regno di Napoli. Nella III Dafne (Laura), dopo lunghe preghiere, incorona di alloro Stupeo (Petrarca). Nella IV Tirreno rifiuta di cedere a Gallo l'arpa donatagli da Dedalo. Le V, VI e VII celebrano le imprese di Cola di Rienzo e redarguiscono le turpitudini della curia papale. Nella VIII Amiclade (Petrarca) lascia il servizio di Ganimede (il cardinale Giovanni Colonna) per offrire il suo canto a Gillia (Azzo da Correggio). Le IX, X e XI lamentano le devastazioni provocate dalla peste nera, e in particolare la morte di Laura. La XII descrive lo scontro fra Pan e Artico (i re di Francia e di Inghilterra).
Il Bucolicum carmen venne iniziato nel 1346 e una prima stesura fu condotta a termine entro il 1349; ma Petrarca la arricchì di varie inserzioni fino al 1357, quando ne esemplò di suo pugno una copia conservata presso la Biblioteca Vaticana. Nel 1359 concesse all'ospite Giovanni Boccaccio, in visita a Milano, di trascriverla per sé a patto di non renderla nota; seguirono altri interventi testuali fino all'invio di un esemplare a Jan ze Středa nel 1361, che segnò l'inizio della divulgazione ufficiale dell'opera. Un nuovo, consistente ampliamento interessò l'egloga X nel 1364 e riguardò l'elenco dei contadini che Silvano aveva consultato per coltivare il suo alloro (ossia, fuor di metafora, dei poeti antichi che Petrarca aveva studiato per poter celebrare degnamente Laura): quelle che Petrarca chiama "grandi giunte" (1) furono da lui inviate ai possessori di una copia dell'opera, fra i quali Donato Albanzani, Boccaccio e Moggio Moggi. Nel frattempo egli aveva dovuto rispondere ad alcune critiche di ordine stilistico che erano state mosse ad essa e all'Africa (Seniles II 1); ma dopo il 1366 non risulta che si sia più occupato del Bucolicum carmen.
Evidentemente ispirato alle Bucoliche virgiliane, il Bucolicum carmen ne accentua l'aspetto allegorico (come aveva fatto Dante Alighieri in un esperimento isolato, e come di lì a poco avrebbe fatto Boccaccio nel suo Buccolicum carmen) fino a rendere necessaria per il lettore la chiave interpretativa: di tre egloghe la fornì Petrarca stesso (della I a Gherardo, della II a Barbato da Sulmona, della V a Cola di Rienzo), ma altri punti restano oscuri (si discute tuttora sul significato della IV). Non a caso Jan ze St?eda chiese lumi all'autore sul senso complessivo dell'opera, e non a caso già prima della morte di Petrarca essa era diventata oggetto di insegnamento universitario.

(1) "additationes magnas".

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