
Il
De remediis utriusque fortune è un trattato morale in due libri, ciascuno introdotto da una prefazione e comprendente oltre cento capitoli. Ogni capitolo consiste in un dialogo fra la Ragione da una parte, la Gioia e la Speranza (nel libro I) o il Dolore e il Timore (nel libro II) dall'altra e tratta un aspetto specifico della vita quotidiana. L'andamento di ogni dialogo è fisso: la Ragione interviene a equilibrare con i suoi argomenti gli eccessi ottimistici o pessimistici ai quali l'anima è spinta dalle quattro passioni (codificate dal pensiero stoico), che ripetono ostinatamente un unico concetto dall'inizio alla fine.
Il
De remediis sviluppa le premesse filosofiche del
Secretum, accentuandone gli aspetti stoicizzanti. Il suo precedente dichiarato è un trattatello erroneamente attribuito a Seneca, il
De remediis fortuitorum, dal quale dipendono il titolo e lo schema ragionativo.
La composizione del
De remediis ebbe inizio probabilmente nel 1354 o poco prima, e Petrarca vi dovette lavorare intensamente per alcuni anni. Da una lettera a
Guido Sette del 1360 (
Familiares XXIII 12) esso risulta concluso, e poco dopo
Jan ze Středa ne richiese una copia; tuttavia Petrarca vi inserì ancora alcune aggiunte, e solo nel 1366, dopo un annuncio in anteprima a
Donato Albanzani (
Seniles V 4), l'opera ricevette l'ultima mano. Di poco posteriore è la menzione che ne fece
Giovanni Boccaccio nelle
Genealogie deorum gentilium quale novità assoluta.