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Boccaccio illustratore e copista di se stesso

Decameron

La storia del testo

Tra le numerosissime attestazioni del Decameron[1] (gli ultimi spogli sono arrivati a contare 98 unità per la sola trasmissione manoscritta, senza considerare i codici oggi irreperibili), sono stati identificati dagli studiosi tre testimoni sulla base dei quali è stata approntata la ricostruzione del testo critico oggi più affidabile: l’edizione secondo l’autografo hamiltoniano curata da Branca nel 1976[2].

La necessità di colmare le gravi lacune materiali del codice autografo[3] come il bisogno di emendare gli inevitabili errori di trascrizione, ai quali non sembra sottrarsi neppure la copia d’autore, hanno infatti portato l’editore a selezionare una rosa di testimonianze, la cui lezione, riconosciuta genealogicamente affine a quella del manoscritto berlinese (non in rapporto di derivazione diretta, ma piuttosto di discendenza da fonti comuni), potesse essere consultata per integrare o correggere la lettera dell’Hamilton. Seguendo questi presupposti, l’attenzione si è rivolta ai rami alti dello stemma codicum decameroniano, e precisamente all’autografo, Hamilton 90, (siglato B), conservato alla Staatsbibliothek di Berlino e datato all’ultimo trentennio del XIV secolo.

Altro testimone decameroniano importante è il Laurenziano Pluteo XLII 1 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, (siglato Mn), che la soscrizione di Francesco d’Amaretto Mannelli riporta al 1384. È questo il manoscritto chiamato “ottimo” nelle Annotationi[4] dei Deputati, che dal 1571 presiedettero alla “rassettatura” del Decameron in ossequio ai dettami del concilio tridentino. Il giudizio qualitativo di preminenza sul resto della tradizione ebbe particolare fortuna negli studi filologici precedenti all’affermazione dell’autografia dell’Hamilton 90, che guardarono infatti al codice Mannelli come al “bon manuscrit”, portatore della versione del testo più corretta e vicina all’originale.

[1]V. Branca, Tradizione delle opere di Giovanni Boccaccio. II, Roma, 1991, pp. 73-146; 471-474.

[2]Giovanni Boccaccio, Decameron. Edizione critica secondo l’autografo Hamiltoniano, a c. di V. Branca, Firenze 1976. Si tratta del testo critico riproposto nelle numerose edizioni commentate pubblicate da Einaudi e firmate dallo studioso.

[3]Mancano nel codice autografo l'intestazione dell'opera, i sommari delle novelle, gran parte della VII giornata (1,16-9,32), la fine della IX giornata e quasi tutta la X (IX 10,12-X 8,50).

[4]Annotazioni e discorsi sopra alcuni luoghi del Decameron di M. Giovanni Boccaccio fatte dai Deputati alla correzione del medesimo, Firenze, 1573-74, (ristampa 1857), p. 12 (nuova ed. a c. di G. Chiecchi, Roma-Padova 2001)

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