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Percorso testuale   Home Page > Percorso testuale > Le opere in latino >Il De Vulgari Eloquentia: tradizione testuale e soluzioni editoriali

Il De Vulgari Eloquentia: tradizione testuale e soluzioni editoriali

fotografia Lasciato incompiuto, il De vulgari ha avuto una diffusione tarda e limitata. Dell’opera, infatti, non si dà notizia nei commenti danteschi antichi, né in altri autori contemporanei, se non, con pochi cenni, nella Cronica di Villani e nel Trattatello di Boccaccio. Altrettanto povera è la tradizione manoscritta, che comprende solo tre codici trecenteschi: il Trivulziano 1088 (T), il più corretto Grenoble 580 (G), entrambi esemplati a Padova e discendenti da un comune antigrafo, in cui l’opera reca l’apocrifo titolo Liber de vulgari eloquio sive ydiomate, e il più antico, forse bolognese, Berlinese Lat. fol. 437 (B), in cui il De vulgari, indicato come Rectorica Dantis, compare insieme con la Monarchia. Di T (Trivulziano 1088) entra in possesso Trissino, che non solo ne procura una traduzione italiana stampata poi nel 1529, ma che diffonde la notizia del suo rinvenimento a Firenze e a Roma, dove Bembo ne fa trarre una copia (l’attuale Reginense Lat. 1370) e Angelo Colocci ne trascrive e postilla due capitoli in un suo zibaldone (l’attuale Vat. Lat. 4817), immettendo di fatto il testo dantesco nel dibattito linguistico cinquecentesco. Da G (Grenoble 580), appartenuto a Jacopo Corbinelli, fu invece tratta l’editio princeps del testo, pubblicata a Parigi nel 1577. Su questi due testimoni si fonda anche la prima edizione critica del trattato curata da Pio Rajna nel 1896 e particolarmente precisa nella discussione delle questioni ortografiche del latino medievale. Il codice testualmente più affidabile si è però rivelato B, meno produttivo nella storia della tradizione (fu infatti riscoperto solo nel 1917 dal tedesco Bertalot), ma che si riconduce direttamente all’archetipo, consentendo così di sanare molti errori di G (Grenoble 580) e di T (Trivulziano 1088)e di avvalorare le congetture di Rajna. La più recente, autorevole e ampiamente commentata edizione critica del De vulgari, pubblicata nel 1968 per le cure di Pier Vincenzo Mengaldo, non a caso si fonda prevalentemente sulla lezione offerta da B (Berlinese Lat. fol. 437).

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