 La Questio: struttura e contenuti
 La Questio: struttura e contenuti
									 Con il titolo, largamente diffuso, di Questio de aqua et terra si identifica uno scritto di cosmologia, in latino, la cui attribuzione dantesca è ancora oggetto di discussione. L’opera riporta il testo di una lezione “de situ et figura, sive forma, duorum elementorum, aque videlicet et terre” (§ 4), che l’autore avrebbe tenuto il 20 gennaio 1320, a Verona, nella chiesa di Sant’Elena, al cospetto del clero veronese.
 Con il titolo, largamente diffuso, di Questio de aqua et terra si identifica uno scritto di cosmologia, in latino, la cui attribuzione dantesca è ancora oggetto di discussione. L’opera riporta il testo di una lezione “de situ et figura, sive forma, duorum elementorum, aque videlicet et terre” (§ 4), che l’autore avrebbe tenuto il 20 gennaio 1320, a Verona, nella chiesa di Sant’Elena, al cospetto del clero veronese.
									Il discorso, riproponendo un problema già affrontato qualche mese prima a Mantova, si concentra sul rapporto tra le sfere dell’acqua e della terra e sulla loro distribuzione nel mondo sublunare. La teoria aristotelica delle sfere concentriche dei quattro elementi, in base alla quale la sfera terrestre risulta inglobata da quella acquea, contrastava evidentemente non solo con la constatazione immediata che buona parte del globo è costituita da terre emerse, ma si opponeva anche al dettato biblico di Genesi, I 9 (“Si radunino le acque che sono sotto il cielo in un sol luogo ed apparisca l’asciutto”)[1], che prevedeva una netta distinzione tra le zone riservate alla terra e quelle riservate alle acque.
									Dante, ricorrendo ai tradizionali schemi sillogistici della questio disputata, sostiene, conciliando la visione teologica del mondo con il sistema aristotelico-tolemaico, che l’affioramento delle terre dal mare sarebbe dovuto ad una gibbosità della superficie terrestre a forma di mezza luna, che, attratta da una forza generata dal cielo delle stelle fisse, invade la sfera dell’acqua e consente così, attraverso la commistione degli elementi, la vita degli esseri umani. Fornendo tale soluzione, pur respingendo le ipotesi di impostazione più marcatamente razionalistica, l’autore appare però perfettamente in linea con il contemporaneo dibattito scolastico e mostra evidenti coincidenze con le proposte offerte al problema da intellettuali quali Campano da Novara, estensore di un commento alla Sfera del Sacrabosco, e Egidio Colonna, cui si attribuisce un importante Liber Exaemeron.
									[1] “Congregentur aquae, quae sub caelo sunt, in locum unum, et appareat arida”. 
									
								
