La Questio: tradizione testuale e problemi attributivi
La tradizione della Questio conta soltanto pochi testimoni a stampa, tutti dipendenti dalla princeps veneziana del 1508 per i tipi di Manfredo da Monferrato, curata dal frate agostiniano Giovanni Benedetto Moncetti, il quale dichiara di aver trovato in uno scrigno, nascosto fra altre carte, un manoscritto dell’opera. Fino a quel momento, il testo risulta ignoto a commentatori e biografi antichi né si trovano tracce della lezione pubblica per cui esso sarebbe stato composto agli inizi del 1320. Tali circostanze hanno fatto sorgere non pochi dubbi sull’autenticità del trattatello, ritenuto una falsificazione, per alcuni, dello stesso Moncetti, per altri del monaco quattrocentesco Paolo Veneto. In un saggio del 1959 Bruno Nardi ha inoltre negato con vigore l’attribuzione dantesca della Questio, poiché le spiegazioni ivi fornite sul rapporto tra acque e terre emerse presentavano totali divergenze con l’argomento teologico (la caduta di Lucifero dal cielo) offerto in Inf., XXXIV 121-126 per motivare la formazione della voragine infernale e l’emersione della montagna del Purgatorio. Tuttavia la presenza del cursus e l’individuazione nella stampa di fraintendimenti e guasti imputabili ad un erroneo scioglimento di abbreviature ormai desuete tra XV e XVI secolo hanno dimostrato l’antichità dell’antigrafo ed escluso quindi l’ipotesi di una falsificazione. A ciò si aggiungano le frequenti concordanze con stilemi del Dante sicuro e soprattutto la segnalazione, dovuta a Francesco Mazzoni, di un passo della terza redazione del commento alla Commedia di Pietro Alighieri, in cui si allude alla disputatio veronese, che sembra sciogliere buona parte delle riserve sull’inclusione della Questio nel corpus delle opere di Dante.
Dopo l’edizione critica procurata nel 1921 da Ermengildo Pistelli, su cui si fonda ancora l’ampio commento al trattato di Francesco Mazzoni (Milano-Napoli, Ricciardi, 1979), importante è l’edizione, con apparato ecdotico e commento, di Giorgio Padoan (Firenze, Le Monnier, 1968).

