Le Egloghe: tradizione manoscritta e problemi attributivi
La tradizione manoscritta delle Egloghe si pone interamente sotto il segno di Boccaccio, cui è probabilmente da ricondurre anche l’archetipo. Testimone importante è infatti il Laur. XXIX 8, autografo del certaldese e contenente, oltre a tre epistole dantesche, un vero e proprio corpus bucolico, che raccoglie insieme con la corrispondenza tra Dante e Giovanni del Virgilio, arricchita da varianti e importanti note autografe dello stesso Boccaccio, l’Argus di Petrarca e un’altra egloga di Giovanni del Virgilio ad Albertino Mussato. Anche gli altri sette testimoni sono connessi all’attività di Boccaccio divulgatore e autore di poesia bucolica, ma risalgono a un autografo diverso, ora perduto. In attesa del testo dell’Edizione Nazionale delle Opere di Dante, le Egloghe si possono leggere nell’edizione critica ampiamente commentata di Giorgio Brugnoli e Riccardo Scarcia (Milano 1980).
La stretta dipendenza della tradizione delle Egloghe dall’iniziativa di Boccaccio è all’origine dei dubbi sull’autenticità della corrispondenza, avanzati a partire dagli anni ’60 del secolo scorso da Aldo Rossi, accanito sostenitore, con argomenti tutt’altro che spregevoli, di una falsificazione boccaccesca realizzata tra il 1350 e il 1351 per vincere le riserve antidantesche di Petrarca.[1] L’ipotesi, di cui è stata riconosciuta la serietà scientifica, non ha però trovato consensi. Anzi la paternità dantesca delle egloghe scambiate con Giovanni del Virgilio ha trovato ulteriore e definitiva conferma dalle analisi di Padoan sugli errori presenti nel Laur. XXIX 8, tipici di chi trascrive da un testo non proprio, e dalla segnalazione, dovuta a Giuseppe Billanovich, di una postilla autografa di Francesco da Fiano relativa a un corso tenuto nel 1360 da Pietro da Moglio, successore di Giovanni del Virgilio sulla cattedra dello Studium di Bologna, proprio sulla corrispondenza tra quest’ultimo e Dante[2].
[1] A. Rossi, Dossier di un’attribuzione, in “Paragone. Letteratura”, 216 1968, pp. 130-72.
[2] Gius. Billanovich, Giovanni del Virgilio, Pietro da Moglio, Francesco da Fiano, in “Italia Medievale e Umanistica”, VI 1963, pp. 203-34.

