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Percorso testuale   Home Page > Percorso testuale > Altri testi di interesse > La lettera di frate Ilaro

La lettera di frate Ilaro

fotografia La cosiddetta “epistola di frate Ilaro” è una lettera, tràdita dal Laur. XXIX 7, autografo di Boccaccio, che un non identificato Ilaro, monaco del convento di Santa Croce del Corvo in Lunigiana, invia a Uguccione della Faggiuola in accompagnamento a una copia dell’Inferno. Vi si racconta che Dante, diretto “ad partes ultamontane”, durante una sosta nel convento, riconosciuto da Ilaro, che gli manifesta grande ammirazione, gli abbia donato una copia dell’Inferno. Di fronte alla sorpresa di Ilaro per la scelta del volgare in un’opera dai contenuti così impegnativi, Dante rivela che egli aveva effettivamente cominciato a scrivere il poema in esametri latini, riferendone testualmente l’incipit (“Ultima regna canam, fluido contermina mundo, / spiritibus que lata patent, que premia solvunt / pro meritis cuicunque suis”), ma che aveva poi optato per il volgare, vista la scarsa considerazione di cui godevano i grandi poeti latini. Prega infine Ilaro di inviare il testo dell’Inferno a Uguccione, dopo averlo corredato di alcune glosse. Il monaco, nell’adempiere a questo compito, informa però il dedicatario dell’Inferno che, se vorrà leggere le ultime due cantiche del poema dantesco, dovrà rivolgersi rispettivamente a Moroello Malaspina e a Federico d’Aragona.

Ritenuta per alcune inverosimiglianze (tra cui soprattutto la notizia della dedica a Federico d’Aragona, verso cui Dante ha sempre mostrato fortissima avversione) una falsificazione del Boccaccio, l’epistola ha trovato un accanito sostenitore della sua autenticità in Giorgio Padoan, che ha con buoni argomenti respinto l’ipotesi del falso dovuto a Boccaccio, tanto più che quest’ultimo utilizza nella sua biografia dantesca le notizie dell’epistola come fonte storica. La questione resta però ancora aperta: di recente, osservando come dietro gli esametri latini citati si riconoscano fonti ignote a Dante, Bellomo[1] torna a considerare l’epistola un falso, realizzato in ambienti vicini a Giovanni del Virgilio.

[1] S. Bellomo, Il sorriso di Ilaro e la prima redazione in latino della ‘Commedia’, in «Studi sul Boccaccio», XXXII 2004 , pp. 201-235.

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