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I Promessi Sposi: modelli letterari
La critica manzoniana più attenta alle fonti narrative del Fermo e Lucia e dei Promessi Sposi vi ha riconosciuto la presenza sorprendente di riferimenti, citazioni, rielaborazioni, suggestioni da tutta la più importante tradizione letteraria europea, e in primo luogo dalla tradizione romanzesca. Vistosa è la presenza di modelli letterari francesi, anche per la comunanza di lingua, interessi e rapporti culturali del Manzoni con la Francia. Fra gli esempi possibili si può ricordare il nome di Rousseau, la cui prefazione alla Nouvelle Héloïse affronta lo stesso tema della natura moralmente pericolosa e perturbatrice dei romanzi d’amore sviluppato dal Manzoni nella digressione che, nella “prima minuta”, precede la storia di Geltrude. Altro nome di rilievo, tra i francesi, è Diderot, la cui Religieuse è un modello diretto dei capitoli sulla monaca di Monza. Presenza cospicua, ma anche esplicita, nel romanzo è Shakespeare, di cui Manzoni aveva ben chiarito la grandezza nella Lettre allo Chauvet, e i cui drammi influenzano personaggi e situazioni del romanzo (ad esempio la figura di padre Cristoforo può richiamare quella di frate Lorenzo del Romeo e Giulietta, che svolge un analogo ruolo di protettore e aiutante degli innamorati protagonisti). Nel romanzo si fa sentire la profonda conoscenza che Manzoni aveva della drammaturgia tedesca, e in particolare di Schiller: suggestioni dalla Pulzella d’Orléans (per l’Addio ai monti di Lucia) e poi dal Guglielmo Tell, dal Don Carlos, dai Masnadieri. C’è poi la Spagna, non solo con i suoi costumi cavallereschi, il suo linguaggio fiorito, i lunghi nomi altisonanti, ma anche coi suoi drammaturghi, col romanzo “picaresco” e, soprattutto, con Cervantes. Fra i modelli possibili dell’Introduzione dei Promessi Sposi e dell’artificio del “manoscritto ritrovato” c’è indubbiamente il Don Chisciotte, che offre però altre consonanze testuali: ad es. i diverbi fra Don Abbondio e Perpetua riecheggiano quelli fra il cavaliere e il suo scudiero Sancio Panza, e i grotteschi rituali cavallereschi messi in burla da Cervantes si ritrovano nella scena del duello di Lodovico nel cap. IV del romanzo manzoniano.
 
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