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Il Fermo e Lucia

fotografia Il Fermo e Lucia è il titolo che si dà tradizionalmente al testo che Manzoni compose fra il 1821 e il 1823 (lasciandolo manoscritto) e che costituì la “prima minuta”, cioè l’abbozzo, dei Promessi Sposi, pubblicati la prima volta fra il 1825 e il 1827 e poi, dopo la revisione linguistica, editi in forma definitiva nel 1840-42. Nella sua prima forma il romanzo presenta notevoli diversità, rispetto alle redazioni successive, sia per la struttura che per la rappresentazione di personaggi maggiori e di personaggi minori; ed è anche diverso il nome dei protagonisti, che si chiamano Fermo Spolino e Lucia Zarella. Sul piano dell’intreccio narrativo l’abbozzo colloca la vicenda di Fermo e quella di Lucia entro due blocchi distinti, quasi fossero due storie autonome: prima viene narrata tutta l’avventura di Lucia, dal soggiorno presso la monaca di Monza al rapimento, alla liberazione dopo la conversione del suo rapitore; poi si racconta la vicenda di Renzo a Milano. Alcuni dei personaggi maggiori presentano nell’abbozzo una storia e anche un nome diversi da quelli dell’edizione a stampa. La vicenda della monaca di Monza, che nei Promessi Sposi occupa solo due capitoli, nella “prima minuta” si distende per sei capitoli, poiché la biografia di Geltrude (che dopo si chiamerà Gertrude) viene caricata di tinte fosche e di particolari macabri (che poi saranno eliminati) sul modello del “romanzo gotico” europeo. La figura del brigante convertito (il futuro Innominato, che nell’abbozzo si chiama il Conte del Sagrato) è molto più “romanzesca” e le sue avventure offrono una sceneggiatura quasi da film “western”. Se don Rodrigo alla fine dei Promessi Sposi è, nel lazzaretto, un misero moribondo davanti alla pietà di Renzo, nell’abbozzo è un forsennato che fugge su un cavallo al galoppo, trascinato da una furia diabolica. Nel Fermo e Lucia, inoltre, mancano del tutto alcuni episodi presenti invece nelle stesure posteriori. Non c’è la colorita descrizione della “vigna di Renzo” (P. S., cap. XXXIII); e mancano tutti quei piccoli, ma fastidiosi eventi che nei  Promessi Sposi guastano alquanto il “lieto fine” (P. S., cap. XXXVIII).

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