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Scritti linguistici editi

Manzoni diffuse pubblicamente le sue opinioni sulla “questione della lingua” in vari testi. Il primo in ordine cronologico fu la lettera al lessicografo Giacinto Carena Sulla lingua italiana (1847), nella quale lo scrittore esprimeva per la prima volta il principio che solo il dialetto fiorentino era idoneo a diventare lingua nazionale. Il secondo scritto fu la relazione al ministro della pubblica istruzione Emilio Broglio Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla. L’occasione di affermare e argomentare pubblicamente, e in modo anche solenne, la propria teoria del fiorentino parlato come lingua nazionale fu offerta al Manzoni da importanti iniziative politiche, quali la scelta di Firenze a capitale d’Italia nel 1865 e la nomina da parte del ministro Broglio, amico del Manzoni, di una commissione incaricata di stabilire e diffondere la lingua unitaria. La relazione, approvata pur con contrasti dalla commissione, fu pubblicata sulla “Nuova Antologia” nel 1868. Altro scritto edito fu la lettera intorno al libro De vulgari eloquio, pubblicata sul giornale “La Perseveranza” di Ruggero Borghi nel marzo del 1868. La lettera mirava a smontare un pregiudizio diffuso presso gli oppositori delle sue teorie, i quali vedevano nel trattato di Dante (a torto, secondo Manzoni) un sostegno alla propria idea di lingua nazionale come lingua letteraria sovraregionale, che non coincidesse con alcun dialetto e nella quale gli italiani potessero riconoscere una lingua colta comune. Nell’aprile del 1868, ancora sulla “Perseveranza”, usciva la Lettera intorno al Vocabolario, nella quale Manzoni, rimarcando la distinzione (non del tutto chiara negli scritti precedenti) fra toscano e fiorentino, negava che il toscano, mescolanza di vari dialetti, potesse assolvere al ruolo di lingua nazionale, e proponeva la compilazione di un vocabolario dell’uso prettamente fiorentino (che sarebbe poi uscito fra il 1873 e il 1897). Nell’ultimo scritto (1871), la lettera al marchese di Casanova, letterato napoletano, egli difese ancora le sue tesi e sottolineò il valore della “risciacquatura in Arno” del proprio romanzo.

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