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Percorso tematico > Concetti > Epica e romanzo
Epica e romanzo
«Il Ciel gli diè favore e sotto ai santi / segni ridusse i suoi compagni erranti». Così si chiude, con riferimento a Goffredo, la prima ottava delLa Gerusalemme liberata, dal valore programmatico e lungamente meditata dal Tasso. Nel distico finale, raccolto puntualmente, si trova uno degli snodi teorici che divaricano l’esperienza tassiana dell’epica dalla precedente linea del romanzo cavalleresco, che aveva avuto nel Furioso il punto più alto della tradizione rinascimentale e che in pieno Cinquecento aveva registrato una lunga serie di riprese. La ricomposizione da parte di Goffredo dell’esercito cristiano, sotto le mura di Gerusalemme e in funzione della conquista del Santo Sepolcro, chiarisce come l’unità e la coralità dell’epica (che equivaleva all’unità d’azione identificata nei dibattiti di poetica) fosse opzione contrapposta alla molteplicità di azioni, personaggi e avventure del poema cavalleresco. Nella necessità di incontrare il diletto dei lettori l’unità tassiana era certo arricchita da una varietà di episodi, senza però derogare mai in via definitiva dalla linea principale della favola, e soprattutto senza perdere nel fascino di incanti e meraviglie che erano corredo del poema cavalleresco la profonda sostanza ideologica e identitaria del poema epico.
 
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