Genealogie deorum gentilium
Una summa antiquaria ed erudita
Il gusto antiquario ed erudito, che sovrintende alla compilazione del De mulieribus e del De casibus si conferma nelle Genealogie deorum gentilium come prima sollecitazione della scrittura boccacciana della maturità.
La vasta summa in latino raccoglie in tredici libri le mitologie pagane, mettendo a frutto il modello delle Genealogie di Paolo da Perugia. Ciascun libro segue nell’esposizione lo schema figurativo dell’arbor, e, incentrato su una famiglia, ne disegna dapprima la discendenza, per soffermarsi poi sui singoli membri ad essa appartenenti e descriverne le qualità.
Nella trattazione, che procede minuziosamente e con dovizia di particolari, è fatto sfoggio delle fonti consultate, citate puntigliosamente. La biblioteca che Boccaccio mette a frutto per questa enciclopedia mitologica è amplissima. Da un lato ci sono gli autori della classicità, greca e latina (Aristotele, Platone, Omero, Plinio, Marziale, Tacito), ma non mancano riferimenti a scrittori più tardi, come Isidoro e Rabano Mauro, e neppure ai contemporanei, tra i quali figurano Petrarca e Leonzio Pilato. Grazie al magistero del frate calabrese, che Boccaccio ospita a Firenze dalla fine del 1359, operandosi perché possa insegnare per due anni presso lo studio fiorentino, la cultura greca fa il suo ingresso ufficiale nella nascente comunità degli umanisti toscani, come ricorda con vanto un famoso passo delle Genalogie: XV, VII, 5-6[1].
Ai primi tredici libri, composti per invito di Ugo IV di Lusignano, re di Cipro e dedicatario dell’opera, segue un’appendice sul valore della poesia (XIV) e sull’importanza del proprio fare letterario (XV). Se il nucleo centrale della compilazione può dirsi concluso tra 1350 e 1359, gli ultimi due libri risultano aggiunti prima del 1367.
[1]Genealogie deorum gentilium, a c. di V. Zaccaria, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a c. di V. Branca, vol. 7-8.2, Milano 1998, pp. 1540-1544.

