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Percorso tematico   Home Page > Percorso tematico > Intorno al Decameron > VI. Concisione e icasticità

Le dieci giornate

fotografia Decameron

VI. Concisione e icasticità

Nella giornata dedicata ai “leggiadri motti” e alle “pronte risposte” la narrazione si svolge all’insegna della concisione e dell’icasticità. Le novelle presentate sotto il reggimento di Elissa sono tra le più brevi del Decameron e anche tra le più essenziali quanto alla trama, poiché il modello attanziale appare in esse drasticamente semplificato, riducendosi all’iniziativa di un soggetto protagonista innescata dalla provocazione di un oppositore[1]. L’estrema sinteticità dei racconti viene in parte compensata, per ammissione dello stesso autore (cfr. VI, Conclusione, 17[2]), da una maggiore articolazione della cornice narrativa.

Si spiega così, nell’economia dell’opera, l’ampio spazio dedicato al battibecco tra i servi Licisca, al servizio di Filomena, e Tindaro, cameriere di Filostrato, con il quale si apre la VI giornata. Motivo del contendere è il mito della verginità prematrimoniale, difeso pervicacemente da Tindaro e smentito invece dalla fantesca di Filomena con espressioni tanto colorite da sconfinare nella volgarità. L’inserto da commedia classica, modello del quale denuncia l’influenza anche l’onomastica dei servitori, introduce una rivendicazione della libertà sessuale femminile che parrebbe anticipare, sebbene in toni stilisticamente più bassi, l’orazione di madonna Filippa. La protagonista della settima novella della giornata è colta in flagranza di adulterio. Poiché le risulta impossibile controbattere l’accusa contestatagli, la donna argomenta sottilmente a favore del proprio comportamento, dettato da un eccesso di vitalità che il marito non riesce a soddisfare. Filippa sviluppa pertanto un’autodifesa, improntata sull’oratoria giuridica, tanto convincente da riuscire a ottenere una revisione della legge in vigore a proprio vantaggio.

[1]M. Picone, Leggiadri motti e pronte risposte: la sesta giornata, in Introduzione al Decameron, a c. di M. Picone-M. Mesirca, Firenze 2004, pp. 163-186, in part. pp. 163-170.

[2]Giovanni Boccaccio, Decameron, a c. di V. Branca, Torino 1999, vol. II, p. 1258.

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