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Percorso tematico > Intorno al Decameron > VI. Brigate aristocratiche
Le dieci giornate
Decameron
VI. Brigate aristocratiche
La microsocietà presentata nella cornice del Decameron è un modello sociale affabulato più volte dai racconti della VI giornata. In questa decuria di novelle, fortemente coesa per ambientazione spaziale (Firenze e il contado) e temporale (i primi decenni del Trecento), l’accolta aristocratica di giovani donne e cavalieri è rievocata dalla comitiva amicale di madonna Oretta (1), così come dal gruppo di giovani fiorentini ai quali Michele Scalza prova, con un motto, che i Baronci sono il casato più nobile che esista (6); la comitiva aristocratica si riconosce infine nella brigata capitanata da Betto Brunelleschi, che si prefigge di metter in imbarazzo Guido Cavalcanti, ma viene posto in scacco da una criptica battuta dell’intellettuale, capace di dire “onestamente villania” (9).
Il confronto tra personaggi appartenenti a classi sociali diverse è posto al centro delle novelle di Cisti (2) e di Chichibio (4). L’antagonista da controbattere è per il fornaio messer Geri Spina, avido del buon vino di Cisti, mentre per il cuoco Chichibio si tratta di rendere ragione a Corrado Gianfigliazzi della scomparsa della gamba di una gru dal piatto di portata. Per nulla intimiditi dal divario sociale, e dunque niente affatto riguardosi della nobiltà dell’interlocutore, sia il fornaio che il cuoco sanno difendersi con le armi della parola e grazie alla loro arguzia verbale vengono rispettati dai loro avversari e dispensati da ogni pena.
 
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