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Percorso tematico > Intorno al Decameron > VI. Una nuova società dell’intelletto e della parola
Le dieci giornate
Decameron
VI. Una nuova società dell’intelletto e della parola
Infrangendo la regola che gli conferisce il privilegio di scegliere liberamente l’argomento del narrare, Dioneo propone questa volta una novella che conferma il tema della giornata. Si tratta della celebre predica di frate Cipolla (10), religioso aduso alla menzogna, vicino nei tratti al Ser Ciappelletto della novella proemiale dell’opera (I, 1). La somiglianza tra i due personaggi contribuisce a stringere il legame tra la prima e la quinta giornata, accrescendo l’impressione che a metà della fatica Boccaccio si preoccupi di segnare un nuovo inizio per il Decameron, capace di contribuire all’inveramento di un progetto nel quale sempre maggior rilievo assume l’esaltazione delle capacità intellettuali dell’uomo. Lo sventurato frate Cipolla viene beffato da due scaltri certaldesi, che sostituiscono una manciata di carboni alla penna dell’angelo Gabriele, falsa reliquia custodita senza troppa attenzione da Guccio Imbratta, fante al servizio del religioso. Per nulla imbarazzato dal tiro giocatogli, frate Cipolla improvvisa una convincente giustificazione e recita “a soggetto”, riconoscendo la mano della divina provvidenza nel dono delle braci, subito ribattezzate come carboni di San Lorenzo. L’oratoria fratresca si costruisce su iperboli, antifrasi, assonanze, giochi di parole e allegorie, a beneficio di doppi sensi grotteschi o scabrosi. Il modello parodizzato è quello delle vite dei santi, da cui un ulteriore clin d’oeil alla confessione di Ciappelletto, ibridato con la relazione di viaggio dei pellegrini cristiani. Bersaglio dell’autore è la religiosità bigotta e il feticismo delle reliquie, ma il tono divertito e bonario di alcune battute smussa le punte di una satira che si compiace di effetti comici volti a strappare la risata. L’ironia di frate Cipolla sembra concepita per magnificare il potere della parola, capace di far scampare a situazioni di pericolosità reale o di preservare dalla pubblica infamia, piuttosto che per portare acqua alla polemica contro l’ipocrisia della chiesa.
 
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