Le dieci giornate
Decameron
VIII. La vedova e lo scolare
Evidenti analogie sono state riscontrate tra il fabliau di Barat e Haimet e la novella del porco rubato a Calandrino (6)[1]. L’intertesto sembrerebbe essere stato messo a frutto da Boccaccio anche in un altro degli episodi del ciclo, quello in cui Maso del Saggio, consulente di Bruno e Buffalmacco nello scherzo dell’elitropia ai danni di Calandrino (3), sfila le brache durante un’udienza a un giudice marchigiano, venuto a Firenze ad amministrare giustizia (5). Pur nella divertita ambientazione municipale, le novelle boccacciane non si limitano mai alla sola reminiscenza cronachistica e contaminano di fatto antecedenti diversi, collocandosi su di un piano squisitamente letterario.
Nella novella 7, che racconta la beffa giocata ai danni di una vedova ritrosa da parte di uno scolare, la misoginia boccacciana può essere avvicinata alle posizioni espresse nel poemetto pseudo-ovidiano De vetula. La continuità tematica che lega la storia di Rinieri a quella del Corbaccio ha poi fatto individuare in questa novella il punto di rottura che segna, nella storia biografica e letteraria dell’autore, l’inizio dell’impegno nella composizione di opere in latino, a carattere morale e erudito. La singolare lunghezza della novella 7, che risulta la più voluminosa dell’intera silloge, sottolinea il suo valore programmatico, ribadito dalla possibile lettura in chiave allusiva delle battute conclusive. In un vivace scambio con Elena, Rinieri si dichiara ormai preso da altra donna, che la vedova qualifica come “savia”. L’attributo potrebbe svelare il riferimento del giovane intellettuale alla personificazione della filosofia, piuttosto che rimandare all’ingresso di un altro personaggio femminile sulla scena. Allineandosi su di un filone tentato da Boezio nel De Consolatione philosophiae e da Dante nel Convivio, Boccaccio esprimerebbe con la storia di Elena e di Rinieri un’esaltazione dell’attività speculativa.
[1]M. Picone, L’arte della beffa: l’ottava giornata, in Introduzione al Decameron, a c. di M. Picone-M. Mesirca, Firenze 2004, pp. 203-225.

