La lettera al collegio dei cardinali in persona del duca di Urbino
Nel 1516 Francesco Maria Della Rovere, signore di Urbino, viene scomunicato e spodestato da Leone X, e costretto all’esilio; del ducato viene investito Lorenzo de’ Medici, e Castiglione, con il suo principe, trova riparo a Mantova. Qui, al principio dell’anno seguente, Baldassarre scrive a nome e in persona di Francesco Maria una lettera al Sacro Collegio dei Cardinali, datata 21 febbraio, al fine di legittimare la campagna di guerra appena intrapresa, a partire dalla Romagna, per rientrare in possesso dello stato. È stata formulata, al riguardo, l’ipotesi che il testo, mai presentato in modo ufficiale e solenne, abbia solo circolato a Roma negli ambienti della curia, come strumento per promuovere, tra i cardinali, un moto di benevolenza per Francesco Maria e di ostilità nei confronti della famiglia medicea (V. Cian, Un illustre nunzio pontificio del Rinascimento. Baldassar Castiglione, Città del Vaticano 1951, 95).
Nel documento, composto da Castiglione, Francesco Maria si presenta coi panni dell’uomo ingiustamente perseguitato dalla sorte malevole e dagli avversari: la politica nepotistica di Leone X lo ha infatti privato di ogni titolo, dignità e privilegio sulla base di accuse e imputazioni non fondate, con cui lo si è voluto presentare come ribelle e traditore. Il papa, in particolare, viene tacciato di ingratitudine, in virtù dei molti benefici ricevuti dalla sua famiglia, nel corso dell’ultimo decennio, per conto dei duchi di Urbino. Legittimamente, dunque, fin dal gennaio del 1517 il Della Rovere ha iniziato i preparativi militari per il recupero dello stato: “il che è causato non da voler disturbare, né travagliare le cose della Chiesa, né esserle mai molesto in parte alcuna; ma più tosto per appellarmi alla giustitia divina del torto fattomi, et commettere la vita mia all’onda della fortuna” (B. Castiglione, Le lettere, a c. di G. La Rocca, I, Milano 1978, 376).
La guerra, che dura dal febbraio all’ottobre, a dispetto degli auspici dello stesso Castiglione, si conclude però negativamente, a causa dell’enorme quantità di denaro profusa in essa dal pontefice, e dell’ordine di scioglimento dato dai sovrani d’origine alle truppe mercenarie di Francesco Maria.

