Guelfi e Ghibellini
In origine, i termini Guelfi e Ghibellini identificavano i due opposti schieramenti che in Germania, dopo la morte nel 1125 di Enrico V, si contendevano la successione al soglio imperiale: da un lato i fautori della casa di Baviera, di Welf (da cui Guelfi), dall’altro quella degli Hohenstaufen, signori di Waibling (da cui Ghibellini). In seguito, con l’acuirsi della lotta tra Federico Barbarossa e il papato, si chiamarono Ghibellini i sostenitori dell’imperatore e Guelfi quelli del papa. In questa nuova accezione i due termini continuarono per diversi decenni a convivere, in costante opposizione, nelle guerre interne ai comuni dell’Italia centro-settentrionale.
A Firenze, una consolidata tradizione storiografica, a metà tra storia e leggenda, fa risalire l’inizio delle discordie tra Guelfi e Ghibellini all’uccisione di Buondelmonte de’ Buondelmonti, il quale, nel 1216, sposa una Donati, rifiutando una Amidei a lui promessa. Come racconta anche Dante in Par., XVI, tale vendetta avrebbe dato origine alle infinite lotte interne alla città. Così, dopo un lungo susseguirsi di capovolgimenti, durante i quali si alternano al potere sia Guelfi che Ghibellini, questi ultimi sono cacciati dalla città nel 1267, con l’intervento dell’esercito angioino. La supremazia guelfa caratterizzerà la successiva storia fiorentina, anche perché le grandi famiglie di tradizione guelfa si allearono con la più intraprendente imprenditoria mercantile, riunita intorno alle Arti maggiori, in funzione antimagnatizia e antighibellina. Dopo una brevissima parentesi di ghibellinismo, esauritasi nella battaglia di Campaldino, Firenze infatti resta definitivamente nelle mani del partito guelfo, ormai però spaccato nelle opposte fazioni dei Neri e dei Bianchi, guidate rispettivamente dai Donati e dai Cerchi ed espressione, i primi, di un rigido guelfismo subordinato al papa e, i secondi, di una politica di maggiore autonomia del Comune, che si opponeva alle ingerenze del pontefice e degli Angioini suoi sostenitori.

