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percorso biografico   Home Page > Percorso biografico > 1265-1285 > Firenze

Firenze

fotografia Firenze, in cui Dante trascorse, impegnandosi nel governo della cosa pubblica, la sua esistenza dalla nascita fino al 1301-1302, appare nelle Rime precedenti l’esilio e nella Vita Nuova una presenza meramente topografica, un semplice fondale cui non si attribuiscono particolari valenze. La situazione muta radicalmente nelle opere successive e, in particolare nella Commedia, dove Firenze acquisisce invece una centralità caricata di forti suggestioni polemiche e di rilevanti implicazioni ideologiche. Dopo alcuni accenni del De Vulgari e del Convivio, in cui si stigmatizza l’ingratitudine della città che condanna all’esilio i suoi figli migliori o si esprime l’intensa nostalgia per la patria perduta, e insieme con le veementi condanne e gli apocalittici anatemi rivolti contro gli scellerati fiorentini delle epistole politiche, Firenze diviene nella Commedia uno snodo tematico essenziale. Contro tutta la precedente tradizione cronachistica municipale che assimilava il fiorente comune toscano alla mitica Roma antica, Dante rappresenta invece la Firenze a lui contemporanea in veste di civitas diaboli, denunciandone impietosamente la degenerazione, manifesta nelle gravi lotte intestine, nella fragilità legislativa, nella corruzione della classe dirigente, nella perversione dei comportamenti dei suoi abitanti. Alla città del presente, fatta oggetto nel poema di vibranti invettive, assimilata alla civitas terrena di memoria agostiniana e perciò inevitabilmente destinata alla catastrofe, si rimprovera essenzialmente, come emerge dal discorso di Cacciaguida di Par., XV-XVI, l’incontrollata espansione territoriale ed economica, lo sfrenato lusso di uomini e donne, la smodata corruzione dei costumi morali, cui si contrappone l’idealizzata visione di una “Firenze antica”, fondata invece su un accorto ed equilibrato senso della misura. Ma il mito negativo di Firenze, trasfigurata in “novella civitas diaboli”[1], è in dialettica connessione con il ruolo antagonistico e profetico assunto dall’esule, autore del poema.

[1] E. Brilli, Dalla “città partita” alla civitas confusionis. Sulla tradizione e i modelli della Firenze dantesca, in “Bollettino di italianistica”, n.s., a. III 2006, pp. 73-111, a p. 110.

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