Virgilio è figura assolutamente centrale nella formazione culturale e poetica di Dante, che, non a caso, in Inf., I 85-87, rivolgendoglisi, dichiarerà: “Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore, / tu se’ solo colui da cu’ io tolsi / lo bello stilo che m’ha fatto onore”. La natura e l’estensione del debito di Dante nei confronti dell’autore latino, letto non solo direttamente, ma anche con la mediazione dei commenti tardoantichi e medievali, sono infatti documentabili attraverso le innumerevoli riprese di temi, motivi, suggestioni creative, strutture narrative, articolazioni di genere (si pensi al ruolo modellizzante svolto dalle Bucoliche per le Egloghe), citazioni esplicite, stilemi, iuncturae che percorrono spesso abilmente trasfusi, contaminati e riassimilati nei nuovi contesti tutta la produzione dantesca, dalla Vita nuova fino al Paradiso. E se fino al IV trattato del Convivio l’angolatura con cui si guarda a Virgilio è esclusivamente retorica e stilistica, a partire da quel libro e poi, soprattutto, con la Monarchia e con la Commedia, la perdurante dimensione formale si arricchisce di implicazioni politico-ideologiche e profetiche: Virgilio non è più solo un altissimo poeta, ma alle sue opere, all’Eneide in particolare, viene riconosciuto un carattere di effettiva storicità e la formidabile capacità di aver colto la funzione sacra e provvidenziale dell’impero romano. La discesa di Enea agli inferi, raccontata nel VI dell’Eneide, è poi, con la Bibbia, l’autentico precedente letterario della Commedia. Macroscopiche sono le corrispondenze tra i due poemi, soprattutto nella rappresentazione dell’Inferno: è stato infatti calcolato che nei primi 5 canti (707 versi) sono possibili ben 70 riscontri virgiliani; neppure la Bibbia è presente allo stesso grado. Ma altrettanto rilevante è il fatto che l’incontro cruciale di Dante con Cacciaguida al centro del Paradiso replichi quello di Enea con il padre Anchise. Su queste premesse diviene anche più agevole capire perché Virgilio, pur conservando la propria storicità figurale, assurga nel poema a simbolo della ragione e a guida del pellegrino attraverso l’inferno e il purgatorio.