Fanny Ronchivecchi, nata a Firenze nel 1801 (e lì deceduta nel 1889), sposata col medico e botanico Antonio Targioni Tozzetti, ebbe un posto importante nella vita mondana e culturale della città.
Leopardi la incontrò nel maggio 1830, e subito se ne innamorò. Il reale rapporto tra i due non fu degno di nota: più interessata all’amicizia dell’affascinante Antonio Ranieri, Fanny non poté certo corrispondere alla passione di Leopardi (anzi, dopo la morte del poeta, avrebbe anche finto di non aver compreso i suoi reali sentimenti, rivolgendo a Ranieri una domanda sull’identità di Aspasia; domanda alla quale egli rispose in una lettera del 13 gennaio ’38: “Aspasia siete voi, e voi lo sapete, o almeno lo dovreste sapere, o almeno io immaginava che lo sapeste”).
Ma per noi lettori è importante non tanto la reale consistenza del rapporto Giacomo-Fanny, quanto invece la straordinaria trasposizione lirica di questa sua esperienza amorosa che Leopardi operò nel libro dei Canti. Fanny è infatti eternata col nome di Aspasia nei Canti del periodo fiorentino e napoletano, il cosiddetto “ciclo di Aspasia”, che diede inizio alla “nuova poetica leopardiana” (secondo la definizione di Walter Binni): Consalvo, Il pensiero dominante, Amore e Morte, A se stesso e Aspasia. In particolare nell’ultimo, composto dopo la fine dell’esperienza amorosa, Leopardi ci consegna un ritratto indimenticabile della donna:
Torna dinanzi al mio pensier talora
il tuo sembiante, Aspasia. ...
Quanto adorata, o numi, e quale un giorno
mia delizia ed erinni! E mai non sento
mover profumo di fiorita piaggia,
né di fiori olezzar vie cittadine,
ch’io non ti vegga ancor qual eri il giorno
che ne’ vezzosi appartamenti accolta,
tutti odorati de’ novelli fiori
di primavera, del color vestita
della bruna viola, a me si offerse
l’angelica tua forma, inchino il fianco
sovra nitide pelli, e circonfusa
d’arcana voluttà; quando tu, dotta
allettatrice, fervidi sonanti
baci scoccavi nelle curve labbra
de’ tuoi bambini, il niveo collo intanto
porgendo, e lor di tue cagioni ignari
con la man leggiadrissima stringevi
al seno ascoso e desiato. ...(vv. 1-2, 9-26)