Alfonso II d’Este
Nato nel 1533, figlio di Ercole II e di Renata di Francia, Alfonso divenne duca di Ferrara nel 1559 alla morte del padre. Dall’anno precedente era sposato con Lucrezia de’ Medici, dalla quale rimase vedovo nel 1561. Seguirono altri due matrimoni, con Barbara d’Austria nel 1565 e con Margherita Gonzaga nel 1579, tentativi ripetuti e rimasti senza esito di dare un erede alla dinastia. La minaccia di una mancanza di successione (che avrebbe infatti condotto alla devoluzione del 1597), le voci che circolavano sulla sterilità di Alfonso e la lunga polemica, a colpi di libelli, condotta sulla “precedenza” tra Ferrara e Firenze, tra Este e Medici, sono elementi di tensione che vanno inseriti nel quadro di una corte elegante e raffinata, quella che accolse il Tasso nello scorcio finale del 1565. Passato alle dirette dipendenze del duca già nel 1572, il Tasso a lui dedicò la sezione encomiastica del poema, e l’invocazione già in apertura del canto I:
Tu magnanimo Alfonso, il qual ritogli
al furor di fortuna e guidi in porto
me peregrino errante e fra gli scogli
e fra l’onde agitato e quasi absorto,
queste mie carte in lieta fronte accogli... (Liberata I, 4, 1-5).
Accanto, frutto di una pratica di encomio quotidiana, una serie di sonetti celebravano la magnificenza di Alfonso e ancora le sue nozze (come, ad esempio, in Rime, 577-581), prima che la diffidenza degli anni 1577-1579 e poi reclusione a Sant’Anna mutassero di segno la relazione di protezione, incidendo a fondo sulla biografia e sugli ideali tassiani. Le numerose lettere che il poeta rivolse al duca nel corso dei sette anni di prigionia, e più in generale i tentativi di ottenere la liberazione attraverso interventi di amici e protettori su Alfonso, sono già nel contesto diverso, segnato da disillusione e amarezza, che avrebbe caratterizzato gli ultimi anni del poeta, e dunque inavvicinabili alla prima serena stagione di radicamento nella corte ferrarese.

