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Percorso testuale > La nuova poetica e i due poemi > Il Giudicio sovra la ‘Gerusalemme’ riformata
Il Giudicio sovra la ‘Gerusalemme’ riformata
«Non paragonerò dunque me a l’Ariosto o la mia Gierusalemme al suo Furioso come han fatto gli inimici e gli amici miei quasi egualmente ma me già invecchiato e vicino a la morte a me giovine ancora e d’etade immatura anzi che no; e farò comparazione ancora fra la mia Gierusalemme quasi terrena e questa che, s’io non m’inganno, è assai più simile all’idea de la celeste Gierusalemme» (T. Tasso, Giudicio sovra la sua Gerusalemme riformata, a cura di C. Gigante, Roma, Salerno Editrice, 2000, 11-12). L’ultimo passaggio teorico del Tasso avviene dunque ex post, nell’intenzione di raffrontare la nuova Gerusalemme conquistata con il poema che era apparso un quindicennio prima, senza il suo consenso ma riscuotendo un successo larghissimo. Troppo avvertito per non comprendere che il poema riformato aveva incontrato un’approvazione minore, come testimoniava anche l’assenza di ristampe, il Tasso nel Giudicio muoveva appunto a dimostrare come la Conquistata dovesse preferirsi sia per la più ricca (e più ortodossa) allegoria che vi era sottesa, sia per il perfezionato rapporto tra la favola del poema e la storia della Crociata. Con questo obiettivo la prosa del Giudicio, opera rimasta incompiuta e che presenta solo due dei tre libri che Tasso aveva immaginato (De l’istoria e de l’allegoria e De la favola, rispettivamente) svela la filigrana fittissima di riferimenti e di fonti che l’autore aveva fatto confluire nei versi della Conquistata, come anche la vasta gamma di letture, soprattutto di marca teologica, che sorreggeva adesso le sue convinzioni di poetica.
 
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