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Comedia delle ninfe fiorentine

Escatologia e catarsi

Oltre al modello dantesco sono chiamate in causa nella costruzione dell’allegoria della Comedia delle ninfe fiorentine importanti escatologie medievali. La formazione dell’uomo è argomento del De mundi universitate di Bernardo Silvestre e dell’Anticlaudianus di Alano di Lilla, riecheggiati nell’impianto generale dell’opera, piuttosto che in singoli luoghi testuali. Nella Comedia assistiamo però non tanto a una nascita quanto a una catarsi metamorfica, che richiama da vicino, per le modalità -il bagno purificatore- e gli esiti -la trasformazione da animali a uomini- le vicende della Caccia di Diana. Anche la forma metrica adottata, la terzina dantesca, avvicina le due opere, sebbene la Comedia alterni alle parti in versi stralci di prosa, occupati dal racconto delle novelle. In questa giustapposizione di poesia e narrazione distesa si ricalca la struttura prosimetrica della Vita nuova e dei testi allegorico-scientifici della scuola di Chartres sopra ricordati. Il circolo delle ninfe novellatrici se da un lato richiama l’episodio delle questioni dell’amore del Filocolo, dall’altro può dirsi anticipatore della lieta brigata decameroniana. Si scopre così un fitto gioco di richiami intratestuali, che collegano, come un filo rosso, tutte le opere di Giovanni Boccaccio, proiettando significati addizionali dall’una all’altra.

L’allegoria più impegnativa della Comedia è presentata da Adiona, che descrive l’orto della ninfa Pomena (XXVI, 8-39[1]). Questo straordinario giardino, arricchito da numerosissime specie vegetali delle più diverse è l’occasione per uno sfoggio di enciclopedismo, con riferimenti alle fonti più varie della cultura classica e medievale, senza tralasciare la verosimiglianza, dietro la quale si scorge la personale esperienza botanica dell’autore. Rivisitazione del locus amoenus e quasi paradiso in terra, l’orto di Pomena ha bisogno di instancabili cure, perché, dopo la fine dell’età dell’oro, non esiste più una natura felice e rigogliosa che nasca e si conservi spontaneamente. Immagine mitica di un’epoca passata, il giardino della ninfa è al tempo stesso il miraggio propiziatore, per l’instaurarsi di un nuovo corso.

[1]Comedia delle ninfe fiorentine, a c. di A.E. Quaglio, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a c. di V. Branca, vol. 2, Milano 1964, pp. 745-749.

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