Caccia di Diana
Questo poemetto in terzine dantesche formato da diciotto canti si data tradizionalmente al 1334. Le dame dell’aristocrazia napoletana sono presentate come cacciatori in una battuta venatoria in onore di Diana. Al momento di offrire le prede a Giove, secondo la volontà della dea, le nobildonne si rifiutano però di eseguire il sacrificio, invocando l’autorità di Venere. Si assiste allora ad una metamorfosi degli animali catturati che si trasformano in giovani-amanti, decretando la vittoria finale della dea dell’amore.
Il perno centrale della narrazione è senz’altro costituito dall’opposizione Diana-Venere, dicotomia topica per la tradizione classica fin dall’Ippolito di Euripide. E antecedenti della letteratura greco-latina possono essere invocati anche per l’altro elemento strutturante del poemetto, ravvisabile nella metamorfosi delle prede animali in uomini. La scelta di porre al centro della vicenda le nobildonne partenopee, attribuendo loro il ruolo di attrici protagoniste, rappresenta un espediente per attualizzare motivi tradizionali e, al contempo, costituisce una valida soluzione per proiettare la raffinata vita della corte angioina in una dimensione letteraria e sovratemporale, sancendone costumi e riti in modo celebrativo. Il catalogo delle donne napoletane, che occupa i vv. I, 16-45[1], recupera il modello del sirventese dantesco. A questa forma metrica era tradizionalmente affidata la rassegna delle belle donne e Dante stesso ricorda nella Vita Nova: 2[2] di aver celebrato con tale metro sessanta tra le più avvenenti concittadine. Alle dame fiorentine del 1334, che spiccano per le loro affascinanti fattezze, si rivolge anche Antonio Pucci, corrispondente poetico di Giovanni, enumerandole in un famoso sirventese. Lo Boccaccio stesso riproporrà ben due volte l’elencazione delle bellezze femminili, sia nel ternario Contento quasi ne’ pensier d’amore (Rime: LXIX[3]) che nell’Amorosa visione (XL-XLV).
[1]Caccia di Diana, a c. di V. Branca, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a c. di V. Branca, vol. 1, Milano 1967, pp. 15-16.
[2]Dante Alighieri, Vita Nova, a c. di G. Gorni, Torino, 1996, p. 32.
[3]Rime, a c. di V. Branca, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a c. di V. Branca, vol. 5.1, Milano 1992, pp. 64-66.

