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Percorso testuale   Home Page > Percorso testuale > Tra riscrittura ovidiana e romanzo psicologico > Un esempio negativo

Elegia di Madonna Fiammetta

Un esempio negativo

La presenza di figure simboliche (Amante-Amore-Libro-Pubblico), riconoscibile quale costante della produzione boccacciana, testimonia una predilezione, tipicamente medievale, per la prosopopea che appare come rivitalizzata in Boccaccio dall’instaurarsi di rapporti di relazione tra le personificazioni, codificabili all’interno di una precisa teoria della comunicazione letteraria. Boccaccio prende le distanze dal sodalizio dei fedeli d’amore di ascendenza stilnovistica, nel quale lo scambio tra “emittente” e “destinatario” presupponeva la professione della medesima ideologia erotica. Si pensi, ad esempio, sonetto inaugurale della Vita nuova, “A ciascun’alma presa e gentil core” (Vita Nova: 1[1]), dove la richiesta di aiuto rivolta da Dante agli “innamorati”, per ottenere spiegazione dell’allegoria onirica, nasce dalla scontata identità culturale tra autore e pubblico. Boccaccio colloca innovativamente agli estremi del circolo della comunicazione due figure in antitesi, sfruttando il pattern del “modello negativo”. La vicenda di Fiammetta funziona come monito al lettore, perché abbracci una diversa etica amorosa, rappresentando un esempio da non seguire. È possibile scorgere in questa morale parenetica il nostalgico rimpianto di un’esperienza vissuta dolorosamente, che affonda le radici nella biografia letteraria dell’autore. Un indizio è offerto dal fatto che i protagonisti delle Rime giovanili di Boccaccio tornano nell’Elegia con un singolare capovolgimento di ruoli. Fiammetta soffre per l’allontanamento di Panfilo esattamente come Boccaccio si era amareggiato per il trasferimento a Firenze, che aveva provocato, nelle Rime, il distacco dall’amante napoletana. Questo recupero dell’esile inventio narrativa delle prime prove liriche, seppure attraverso un suo studiato stravolgimento, si conferma nella riproposizione di alcuni paesaggi marini partenopei, già cantati in versi, e consente di smascherare l’identità della narratrice, che si colloca a metà tra l’ipostasi boccacciana e l’idealizzazione della donna amata del periodo napoletano.

[1]Dante Alighieri, Vita Nova, a c. di G. Gorni, Torino 1996, pp. 23-25.

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