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Decameron

Un “nuovo” genere narrativo: la novella

fotografia Nella storia del genere novellistico il Decameron rappresenta un indiscusso modello per la tradizione letteraria occidentale. Risulta però difficile appurare se la genesi della novella si leghi indissolubilmente alla raccolta boccacciana, come sostenuto ad esempio da H.-J. Neuschäfer[1], o se nel Decameron si assista piuttosto a una variegata esemplificazione di questa forma di narrativa breve e alla sua fortunata codifica letteraria.

Antecedenti volgari possono essere riconosciuti nel Novellino, la più antica raccolta novellistica a noi nota, composta nell’ultimo ventennio del Duecento, mentre abbiamo notizia di un perduto Flos novellarum, firmato da Francesco da Barberino, contemporaneo di Boccaccio, e conosciamo solo attraverso la testimonianza indiretta degli spogli dell’Accademia delle Crusca (codice Riccardiano 2197) il Libro di motti di Messer Vanni Giudice, della fine del XIII secolo. Vidas e razos provenzali, così come i fabliaux francesi, rappresentano sicuramente per Boccaccio dei punti di riferimento nella produzione narrativa d’Oltralpe, a partire dai quali però l’esperienza decameroniana si sviluppa con forte autonomia.

Rispetto alla tradizione latina Boccaccio sembra recidere decisamente il legame con le forme religiose dell’exemplum e della legenda, che, per quanto variamente riecheggiate nel Decameron, incarnano una modalità narrativa ormai superata dall’esperienza della brigata. Al consesso dei giovani novellatori si ascrive la performance narrativa delle novelle, che non si addicono, come afferma l’autore nella conclusione dell’opera, “né tra cherici né tra filosofi” (Decameron: Conclusioni, 7[2]). Una nuova dimensione ludica, legata al piacere del testo, è la giustificazione autonoma per la composizione letteraria, che appare ormai svincolata dall’assillo di finalità gnoseologiche o morali.

[1]H.-J. Neuschäfer, Boccaccio und der Beginn der Novelle. Strukturen der Kurzerzählung auf der Schwelle zwischen Mittelalter und Neuzeit, München 1969.

[2]Giovanni Boccaccio, Decameron, a c. di V. Branca, Torino 1999, vol. II, p. 1256.

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