Decameron
Come leggere le novelle
Preoccupazione evidente della narrazione decameroniana è quella di sortire un effetto realistico, obiettivo che giustifica la trattazione di una tematica varia quanto il mondo che intende rispecchiare. Riflesso di questa pluralità di argomenti è nelle diverse connotazioni che la novella assume “dando così luogo ad una serie pressoché infinita di sottogeneri narrativi: la novella-motto, la novella-romanzo, la novella-beffa, la novella-contrasto, la novella esemplare, ecc.”[1]. A questa pluralità di registri, che a ben vedere risulta evidente già nella proposizione d’intenti proemiale, laddove Boccaccio dichiara di voler narrare “cento novelle, o favole o parabole o istorie” (I: Proemio, 13[2]), si associa la novità strutturale della cornice, quasi “macronovella” delle vicende vissute dalla brigata. L’inserimento di questo elemento narrativo, capace di garantire la coesione e la connessione tra le singole unità della raccolta, non è privo di ricadute sulla codificazione del genere della “novella”.
Se la brigata può essere identificata come rappresentazione speculare del pubblico decameroniano[3], allora Boccaccio parrebbe aver fornito ai lettori, nella cosiddetta “cornice”, un’esemplificazione del tipo di fruizione più adatto per trarre piacere dal testo. Che a una riuscita esecuzione novellistica fosse affidata parte considerevole del successo del genere lo testimonia l’episodio incorso a Madonna Oretta (VI, 1), sul cui indubbio valore metatestuale la critica si è dichiarata sostanzialmente unanime[4]. In netta opposizione alla actio incerta del cavaliere di VI, 1, la felice recitazione del testo, compiuta a turno dai giovani della brigata, “teatralizza” l’azione novellistica nella forma discreta della lettura a voce alta dinanzi a un ristretto uditorio. Sono queste le condizioni presupposte alla messa in atto della novella, parte integrante della specificità del genere.
[1]L. Battaglia Ricci, Boccaccio, Roma 2000, p. 139.
[2]Giovanni Boccaccio, Decameron, a c. di V. Branca, Torino 1999, vol. I, p. 9.
[3]Su questo tema cfr. G. Baldissone, Le voci della novella. Storia di una scrittura da ascolto, Firenze, 1992, pp. 7-43; M. Bevilacqua, La brigata: ovvero il soggetto fruitore e produttore delle novelle, in L’ideologia letteraria del Decameron, Roma 1978, pp. 23-34; C. Perrus, Remarques sur les rapports entre écrivain et public dans le Décaméron de Boccace, in La nouvelle critique, spécial 39 bis, Littérature et idéologies, 1970, pp. 294-299; A. Stäuble, La brigata del Decameron come pubblico teatrale, “Studi sul Boccaccio”, IX (1975-76), pp. 105-17.
[4]Cfr. Una sintetica ricapitolazione in L. Surdich, Boccaccio, Bari 2001, p. 117 e sgg.

