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Decameron

Introduzione alla IV giornata. Conclusioni dell’autore

fotografia Tratto caratteristico della narrazione decameroniana è il deciso ridimensionamento dell’ingerenza autoriale, per il quale l’opera si distingue dai modelli danteschi e si mostra impermeabile all’influenza petrarchesca. Se Dante è autore/attore della Commedia e Petrarca risulta protagonista indiscusso dei Rerum Vulgarium Fragmenta, Boccaccio, decuplicando la voce narrativa grazie all’invenzione della cerchia dei novellatori, propende piuttosto a eclissarsi nel testo. Nell’introduzione alla IV giornata, per difendersi dalle critiche dei detrattori, incentrate principalmente sulla lascivia dell’autore, Boccaccio sceglie di replicare con un apologo, la celebre novelletta delle papere. Lasciando il campo a Filippo Balducci e al proprio figliuolo, che dimostrano l’ineluttabilità della forza di natura e l’indiscutibilità dell’attrazione femminile, la polemica personale è oggettivata e, se il bersaglio era l’autore, a rispondere è però il testo.

Nelle conclusioni dell’autore, controbattendo nuove “accuse” mosse dai lettori, Boccaccio replica alla licenziosità imputatagli, facendo proprio il principio di un necessario adeguamento alla materia narrata (“la qualità delle novelle l’hanno richiesta”, Decameron: Conclusioni dell’autore, 4[1]). L’insistito annullamento dell’istanza autoriale, strategia narrativa perseguita da Boccaccio con costanza, si spinge fino all’ammissione di essere solo un fedele cronista dell’accaduto, impegnato in un resoconto accurato quanto imparziale, e dunque al riparo tanto da contaminazioni di tipo amorale quanto da preoccupazioni di natura estetica:

Saranno similmente di quelle che diranno qui esserne alcune [novelle] che, non essendoci, sarebbe stato assai meglio. Concedasi: ma io non pote' né doveva scrivere se non le raccontate, e per ciò esse che le dissero le dovevan dir belle e io l'avrei scritte belle (Decameron: Conclusioni dell’autore, 16[2])

[1]Giovanni Boccaccio, Decameron, a c. di V. Branca, Torino 1999, vol. II, p. 1255.

[2]Giovanni Boccaccio, Decameron, a c. di V. Branca, Torino 1999, vol. II, p. 1258.

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