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Percorso tematico   Home Page > Percorso tematico > Intorno al Decameron > I. Una parodia della Vita nuova

Le dieci giornate

Decameron

I. Una parodia della Vita nuova

Se l’avarizia di Erminio de’ Grimaldi (8) e la ferocia di un inquisitore (6) sono messe a tacere da una pronta risposta, nel caso di Abraam giudeo è piuttosto un’argomentazione costruita sulla logica dell’exemplum e contrario che porta a riconoscere la supremazia della religione cristiana. Questa fede osteggiata dalla mala condotta del clero romano invece di estinguersi, come logica conseguenza sarebbe, si rivela in continua espansione e perciò, secondo Abraam, veramente deve “lo Spirito santo esser d’essa” (I, 2, 26[1]).

La novella conclusiva della giornata appare costruita sull’intertesto dantesco della Vita nuova. L’anziano e stimato medico Maestro Alberto (10) si invaghisce della giovane e bella Malgherida de’ Ghisolieri. Il sentimento, inadeguato alla sua età e al suo decoro, lo espone al motteggio delle donne. La medesima situazione narrativa era già stata esperita da Dante nell’episodio del “gabbo” (Vita Nova: 10[2]), laddove l’amore manifestato per Beatrice aveva reso il poeta oggetto di pubblica derisione. Se al dolore per la negazione del saluto da parte della donna amata Dante trova conforto consolandosi nello sfogo intellettuale e poetico delle rime della loda e, dunque, sublimando il proprio trasporto amoroso, ben diversa è soluzione escogitata da Maestro Alberto. Sono piuttosto parole di rimprovero quelle con le quali il medico bolognese punge l’alterigia di Malgherida, ottenendone la capitolazione. Si assiste pertanto a uno stravolgimento del modello di partenza, che porta a una conclusione tutta mondana del contrasto tra gli amanti. L’attitudine parodica con la quale Boccaccio si rapporta nei confronti di antecedenti letterari contemporanei o tradizionali si impone fin dall’esordio del Decameron come uno dei segni distintivi della tecnica compositiva dell’autore. Questo atteggiamento ha ricadute significative non solo a livello stilistico, ma anche nell’attualizzazione di pattern narrativi e topoi certificati, che si riassettano, assumendo diverse caratterizzazioni, all’interno di un nuovo repertorio di riferimento per il genere novellistico.

[1]Giovanni Boccaccio, Decameron, a c. di V. Branca, Torino 1999, vol. I, p. 76.

[2]Dante Alighieri, Vita Nova, a c. di G. Gorni, Torino 1996, pp. 85-106.

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