Le dieci giornate
Decameron
II. Una nuova morale erotica
Soprattutto i tre accidenti occorsi a Andreuccio (5), che rischia la vita e “simbolicamente rinasce per ben tre volte in una sola notte”[1], sono sintomatici dell’altalena delle sorti umane. L’ingerenza della ministra Fortuna si caratterizza nella giornata per l’assunzione di connotazioni diverse. Una qualità provvidenziale, di matrice religiosa, sembra predominate nelle novelle di Martellino, che, mostrandosi storpio, in modo blasfemo finge un miracolo di Sant’Arrigo, e di Rinaldo d’Asti, mercante aggredito dai masnadieri e assistito da un’affascinate vedova. L’atteggiamento sacrilego di Martellino, che richiama la falsa confessione di Ciappelletto (I, 1) e l’ironica professione del paternostro di San Giuliano, che guadagna a Rinaldo i favori sessuali della vedova, inficiano però l’ortodossia della divina provvidenza e sembrano piuttosto orientare in direzione parodica il riferimento religioso.
Più in linea con la nuova morale libertina è l’avventura di Alatiel, la figlia del sultano di Babilonia che, “per diversi accidenti in ispazio di quatro anni alle mani di nove uomini perviene”, secondo quanto recita la rubrica. L’“odissea erotica”[2] sancisce l’instabilità e l’ingovernabilità degli eventi, mentre il lieto fine, imposto dal tema della giornata, fa sì che la ragazza, per mezzo di una autotestimonianza omertosa e allusiva, nella quale è adombrato un ulteriore clin d’oeil alla confessione di Ciappelletto, possa essere data in sposa come vergine al re del Garbo, secondo le iniziali intenzioni paterne. Uno spazio privilegiato è ritagliato in questo contesto d’amori e d’avventure all’intraprendenza femminile. L’affetto materno di madama Beritola (6) dona alla donna il coraggio necessario a proteggere i due figli e tutelare l’unità famigliare in un clima di forte instabilità politica. Zinevra (9), ripudiata in seguito ad accuse mendaci di infedeltà, riesce a dimostrare al marito la propria onestà; Bartolomea (10), moglie insoddisfatta del giudice Riccardo di Chinzica, è capace di controbattere al marito, anteponendo con veemenza le ragioni dell’amore a quelle del legame coniugale.
[1]L. Rossi, L’evoluzione dell’intreccio. Bouvin e Andreuccio, “Filologia e critica”, 1 (1976), pp. 5-14, cit. p. 13.
[2]M. Picone, Il romanzo di Alatiel, “Studi sul Boccaccio”, 23 (1995), pp. 197-217.

