I figli
Dal matrimonio di Dante con Gemma nacquero almeno tre figli, Pietro, Jacopo e Antonia. Il primo, condannato a morte con il padre nel 1315, seguì il genitore lungo le diverse tappe dell’esilio fino a Ravenna. Dopo aver studiato diritto a Bologna, si stabilì a Verona, dove esercitò la professione giuridica, ricoprendo anche cariche pubbliche ed entrando in contatto con gli intellettuali presenti nella corte scaligera. Morì a Treviso il 21 aprile 1364. Autore di un manipolo di rime volgari, in cui riprende temi e stilemi paterni, la sua fama è però affidata a un impegnativo Comentum in latino all’intera Commedia, composto tra il 1340 e il 1341, di cui sono note altre due successive versioni e in cui Pietro mostra di conoscere anche altre opere minori del padre, tra cui il raro Convivio e addirittura la Questio.
Jacopo, che pure seguì il padre durante l’esilio, rientrò a Firenze nel 1325 e fu impegnato nel sistemare le numerose pendenze ereditarie dei genitori. Già morto nel 1349, fu autore di un poemetto didascalico-allegorico, il Dottrinale, la cui ultima sezione è un compendio della Commedia, di un fortunato capitolo di 50 o 51 terzine riassuntivo del poema paterno, la Divisione, dedicata a Guido Novello da Polenta, e soprattutto di non rilevante, ma precoce (è datato infatti intorno al 1322) commento volgare all’Inferno.
Scarse invece le notizie su Antonia, che probabilmente non seguì il padre nell’esilio, restando con la madre a Firenze. In lei si identifica la suor Beatrice (nome quanto mai sintomatico) di un monastero ravennate, cui Boccaccio avrebbe dovuto consegnare, per incarico della Compagnia di Orsammichele, nel 1350, dieci fiorini d’oro come simbolico risarcimento per i torti subiti dal padre.
Contestata l’attribuzione a Dante di altri due figli, un Giovanni, citato solo in un documento notarile lucchese del 1308, e soprattutto un Gabriello, presente come tassato negli estimi fiorentini e quasi certamente generato da un omonimo del poeta.

