Età napoleonica in Italia (1800-1815)
La Repubblica Cisalpina, ricostituitasi in seguito alla vittoria francese di Marengo nel 1800, venne ribattezzata Repubblica italiana dopo i Comizi convocati da Napoleone a Lione, che si svolsero nel gennaio del 1802. Napoleone è nominato Presidente, vice-presidente è il nobile milanese Francesco Melzi d’Eril, esponente del riformismo moderato lombardo; il territorio dello stato comprendeva le province lombarde e si estendeva fino alla Romagna. Il nuovo governo, posto sotto il controllo della Francia, procedette alla liquidazione delle forze più rivoluzionarie e democratiche e alla riorganizzazione dello stato e dell’amministrazione. Nel 1805 la Repubblica fu trasformata in Regno d’Italia e Napoleone ne divenne il re; ne fecero parte in seguito anche le Marche e il Veneto e la Dalmazia sottratti all’Austria dopo la vittoria di Austerlitz. Sempre nel 1805 la Liguria è annessa alla Francia; stessa sorte era toccata al Piemonte nel 1801.
Negli anni successivi prosegue in tutta Italia la politica di espansione di Napoleone che arriva a controllare l’intera penisola, eccetto la Sicilia e la Sardegna: nel 1806 il Regno di Napoli, dopo la cacciata dei Borbone, viene affidato prima a Giuseppe Bonaparte e poi, nel 1808, a Gioacchino Murat; il Granducato di Toscana è annesso alla Francia; stesso destino per quello di Parma e Piacenza. Nel 1809 anche lo Stato Pontificio è controllato da Napoleone e Pio VII è mandato in esilio.
Nel Regno d’Italia vengono attuate importanti riforme come l’abolizione della feudalità, lo sfruttamento dei beni ecclesiastici, il riordino dell’amministrazione; anche nel Regno di Napoli, soprattutto sotto il governo di Murat, vengono avviate riforme tese a modernizzare lo stato.
Le sconfitte riportate da Napoleone a partire dalla disastrosa campagna di Russia nel 1812 condussero alla fine dell’egemonia francese sulla penisola; nel 1814 la maggior parte degli stati italiani passò sotto il controllo degli Austriaci.

