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percorso biografico   Home Page > Percorso biografico > 1842-1873 > Il silenzio


Il silenzio                                                     

fotografia La pubblicazione dell’edizione illustrata dei Promessi Sposi e della Storia della colonna infame  (1842) segna l’avvio della lunga fase di “silenzio” creativo del Manzoni. Un “silenzio” certo non assoluto, poiché lo scrittore ancora “crea” letterariamente, componendo un certo numero di poesie sparse; ma, a parte componimenti come l’incompiuto Ognissanti e le Strofe per una prima Comunione, che si richiamano al modello degli Inni Sacri, gli altri pochi testi sono poesie occasionali, talora in forma di epigrammi scherzosi, come i due versi del 1872 in cui prende in giro il proprio decadimento fisico. Manzoni in questa “seconda” fase della sua vita si impegna in studi linguistici, filosofici, storiografici e guarda alla creazione letteraria come a un’attività del tutto secondaria e futile. In un dialogo riportato da Ruggero Bonghi e avvenuto nella villa rosminiana di Stresa, Manzoni giudicava negativamente le sue strofe sull’Eucaristia e diceva che “i versi bisogna farli da giovine”. Il “silenzio” artistico in cui entra Manzoni dopo la fine dell’impresa romanzesca è il silenzio di quel grande estro creativo che lo aveva accompagnato dalla lirica sacra e civile, attraverso le tragedie storiche, fino alla scrittura e riscrittura del romanzo. Quell’estro e l’impegno etico che vi era connesso sono ormai venuti meno; e con essi è venuta meno la fiducia nella capacità dell’invenzione letteraria di rappresentare, senza falsificazioni e artifici, la verità, sia essa la verità storica, sia essa la più profonda verità del “cuore umano”. Del resto questa sfiducia risale già agli anni Trenta, a valle della prima edizione del romanzo. Nella famosa lettera del 1832 a Marco Coen, un giovane veneziano che gli aveva chiesto dei consigli sulla propria vocazione letteraria contrastata dal padre banchiere, Manzoni risponde con profondo pessimismo, disilludendo il giovane e dissuadendolo dal coltivare le lettere, che sono cose né buone né vere, un puro “giocar colla fantasia”, senza alcuna utilità per l’esistenza dell’uomo. Eppure solo cinque anni prima egli aveva compiuto e pubblicato il suo capolavoro di “fantasia”.

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