BARBATO DA SULMONA

Barbato da Sulmona era un gentiluomo della corte di Napoli, dove Petrarca lo conobbe nel 1341. I loro comuni interessi letterari li portarono a stringere un'amicizia che durò ben oltre il loro secondo e ultimo incontro, sempre a Napoli nel 1343, e della quale resta la testimonianza di almeno diciannove lettere. Barbato svolse un'infaticabile attività di collettore e diffusore delle opere petrarchesche in latino: ricevette e trasmise le prime due egloghe del Bucolicum carmen, le Invective contra medicum e un frammento dell'Africa; cercò di convincere l'autore a pubblicare il poema per intero; si informò della Philologia Philostrati; commentò la lettera a Niccolò Acciaiuoli sull'educazione del principe (Familiares XII 2) (1) ; ebbe persino qualche conoscenza del Secretum. Petrarca premiò la devozione dell'amico dedicandogli le Epystole; ma la lettera proemiale, nella quale ricordava fra l'altro che a Barbato "piacquero non solo i miei scritti impegnati ma anche le inezie" (2) , raggiunse il destinatario solo nel 1357; e la raccolta completa, insieme a un biglietto di accompagnamento (Familiares XXII 3), solo nell'imminenza o subito dopo la sua morte, occorsa nel 1364. Petrarca commemorò il defunto in Seniles III 4.

(1) Giuseppe Papponetti, Un inedito commento di Barbato da Sulmona alla "Iantandem" del Petrarca, "Studi petrarcheschi", n. s., X (1993), pp. 81-144.
(2) "non seria tantum / sed nuge placuere mee".

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