NAPOLI

I due viaggi di Petrarca a Napoli si collocano nei primi anni Quaranta. La prima volta, nel 1341, egli vi si recò per ottenere il patrocinio del re Roberto d'Angiò (alla cui presenza aveva avuto accesso grazie a Dionigi da Borgo Sansepolcro) per la propria incoronazione poetica; la seconda, nel 1343, su incarico di papa Clemente VI, per recare alla neo regina Giovanna la richiesta (poi respinta) della liberazione di alcuni prigionieri nobili.
Dalle due occasioni ravvicinate Petrarca riportò impressioni opposte: mentre il soggiorno del 1341 fu caratterizzato dall'entusiasmo per l'imminente laurea capitolina, dalla conoscenza di nuove persone (non solo re Roberto, ma anche Barbato da Sulmona) e luoghi (nell'Itinerarium Petrarca ricorda di aver visto gli affreschi di Giotto a Castel Nuovo, oggi perduti), quello del 1343 ebbe luogo in un contesto profondamente mutato e pieno di segnali inquietanti (la recente morte di re Roberto e la conseguente crisi del regno; una terribile tempesta che colpì la baia e che indusse Petrarca a non mettere più piede su una nave; infine il fallimento della sua missione), dettagliatamente descritti nei resoconti al cardinale Giovanni Colonna (Familiares V 2-5); venne rallegrato solo dalla rinnovata amicizia con Philippe de Cabassoles e con Barbato, insieme al quale Petrarca compì un'escursione nei luoghi celebrati da Virgilio nel libro VI dell'Eneide (poi narrata in Epystole II 15). I rapporti successivi tra lui e Napoli interessarono soprattutto Niccolò Acciaiuoli, gran siniscalco del regno.
Al Collegio Gesuitico di S. Luigi si trova attualmente un manoscritto delle lettere di san Paolo posseduto da Petrarca.

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