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Percorso testuale > La stagione della prosa > La lettera politica a Giulio Giordani
La lettera politica a Giulio Giordani
Secondo la ricostruzione fornita da Luigi Firpo (T. Tasso, Tre scritti politici, Torino, Utet, 1980), nell’agosto del 1578, nel corso del suo breve soggiorno a Urbino, il Tasso si impegnò a rispondere ad un quesito, a metà tra filosofico e politico, su quale fosse la migliore forma di governo. Scelse la forme epistolare e indirizzò una lettera sull’argomento a Giulio Giordani, segretario della corte urbinate, ma soprattutto assunse come obiettivo polemico la precedente risposta fornita da Sperone Speroni, risposta che aveva considerato la durata delle forme di governo, la loro resistenza nel tempo come un elemento inessenziale per formulare un giudizio. La scelta tassiana, risolutamente a favore del principato, argomentava invece che proprio la capacità di permanere negli anni e magari nei secoli era criterio per definire l’eccellenza delle forme di governo, come era stato nel caso dell’Impero romano. Se la scelta non faceva che riprendere quanto già esposto nei primi dialoghi (Forno overo de la nobiltà e il Della dignità) in alcuni passaggi il Tasso lasciava filtrare una visione all’insegna di un realismo aperto, quando individuava da perseguire nelle cose di stato non «la rigida e severa onestà, ma l’onestà temperata e ammollita da l’utilità» (T. Tasso, Tre scritti politici, Torino, Utet, 1980, 146). Posizioni ancora più spregiudicate, in tema di riflessioni politiche, sarebbero poi state espresse all’interno di un altro dialogo, il Della precedenza, ove la teoria machiavelliana era citata senza filtri, a dispetto della condanna all’Indice che vi gravava sopra dal 1559. Pur in assenza di un approccio sistematico alla riflessione politica, sono tracce di una consapevolezza tassiana di quelli che, a fine secolo, erano i termini e i confini della questione.
 
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