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Le Lettere poetiche
Distillato delle discussioni che intercorsero tra Tasso e i revisori, e più generalmente delle riflessioni dell’autore del Goffredo sulla strada che doveva condurre a varare il poema, le Lettere poetiche (ora disponibili nell’edizione a cura di Carla Molinari, Parma, Guanda, Fondazione Pietro Bembo, 1995) offrono l’immagine affascinante di un laboratorio poetico attivo e vivace, e nel contempo di una riflessione teorica impegnata. Mentre completava e rivedeva i canti da spedire a Roma, Tasso rilesse la Poetica di Aristotele con i commenti allora disponibili, ritornando sui nodi concettuali che già una prima volta erano stati affrontati nei I discorsi dell’arte poetica. Tornano dunque in campo il rapporto tra la “favola” principale e gli “episodi”, e la questione conseguente dell’unità del poema (qui l’avversario era soprattutto lo Speroni), con attenzione tassiana non solo agli «intendentissimi» dell’arte, ma anche ai lettori comuni, come provano le ripetute domande rivolte al Gonzaga sui giudizi che a Roma circolavano sul poema ancora manoscritto. Nel contempo nelle lettere, mentre il Tasso si confronta con i precedenti dell’epica antica, e soprattutto con i poemi di Omero e Virgilio, si avverte la tensione a disinnescare le critiche (di Silvio Antoniano soprattutto) che riguardavano gli amori e il tanto di “lascivo” che inserivano nella compagine epica. Chiaro nell’insieme l’obiettivo di un poema regolare e insieme capace di incontrare il favore di un pubblico allargato: per singolare destino, pure ormai fuori dal controllo dell’autore, la Gerusalemme liberata avrebbe conseguito questo risultato.
 
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