Ludovico Ariosto entra fra i cortigiani stipendiati del duca Ercole I, sebbene con scarso compenso, nel 1497. Nell’ottobre del 1503 passa al servizio del cardinale Ippolito d’Este, fratello dell’erede ducale Alfonso I. Il ruolo di cortigiano presso il cardinale estense spinge Ludovico a diventare chierico con gli Ordini minori. Questa condizione gli permette di ottenere i benefici ecclesiastici senza intraprendere la carriera religiosa. Il ruolo di cortigiano prevede per Ludovico una serie di incombenze e di compiti, dagli incarichi politici e diplomatici a quelli amministrativi e pratici. L’Ariosto viene chiamato a svolgere funzioni di intrattenimento cortigiano e di rappresentanza, con una sottrazione di tempo e di energie all’impegno letterario. Il rapporto che vive Ludovico con la corte lo vede in posizione subordinata, non essendo egli un signore feudale con pienezza di poteri nobiliari. In un contesto di questo tipo l’Ariosto non vive il suo impegno letterario come ‘abbellimento’ della sua condizione nobiliare quanto piuttosto come un contributo che egli può dare ai suoi signori. Ma l’attività letteraria e teatrale di Ariosto all’interno dello spazio cortigiano non gli porta le sperate soddisfazioni: egli è chiamato a continue mansioni pratiche ed amministrative che persistono anche nella fase più avanzata della sua biografia. Dopo la rottura per il mancato viaggio in Ungheria al seguito del cardinale, l’Ariosto entra al servizio del duca Alfonso I il 23 aprile 1518. In questa nuova posizione vive con maggiore libertà ma continua ad essere angustiato dai problemi pratici e subisce una vera umiliazione quando è inviato per tre lunghi anni in Garfagnana come commissario ducale, non potendo più essere stipendiato come cortigiano letterato, ‘improduttivo’ sul piano pratico. Riesce ad affermare i propri interessi intellettuali rifiutando l’incarico di ambasciatore a Roma nel 1524 anche se ricopre ulteriori incarichi al seguito di Alfonso I fino al 1532.