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Percorso tematico   Home Page > Percorso tematico > Gli autori e i libri > Cecco Angiolieri

Cecco Angiolieri

Vissuto tra il XIII ed il XIV secolo, senese, Cecco Angiolieri fu il più noto rappresentante della tradizione “comico-realistica” della lirica due e primotrecentesca. La sua poesia si distingue per il tono dissacratorio e sferzante, con il quale egli, attraverso un raffinato gioco linguistico, spesso popolaresco e colloquiale, opera un continuo rovesciamento parodico dei moduli e dei contenuti propri dello stilnovismo. Così, al centro di molti dei suoi sonetti non vi è l’amore per una donna angelicata, bensì quello per una creatura deforme e spregiudicata, di nome Becchina. Se è impossibile affermare con sicurezza che Dante lo abbia incontrato durante la battaglia di Campaldino (1289), cui anche Cecco prese parte, l’esistenza di rapporti personali tra i due è però documentata da tre sonetti angioliereschi indirizzati a Dante: Lassar vo’ lo trovare di Becchina; Dante Allaghier, Cecco, ’l tu’ servo e amico; Dante Allaghier, s’i’ so’ bon begolardo. In particolare nel secondo il senese evidenzia una presunta contraddizione nelle terzine del sonetto dantesco Oltre la spera che più larga gira. Ed è ipotesi probabile che l’analitica spiegazione di questo testo fornita nella prosa della Vita Nuova (XLI 7) abbia un intento apologetico nei confronti dell’accusa di Cecco. Il terzo sonetto del senese, databile forse al 1303, contiene una insistita serie di triviali accuse rivolte a Dante; dalla costruzione sintattica, fondata sulla replicazione del costrutto s’io…e tu, pare che Cecco replichi a un analogo testo dell’Alighieri, purtroppo perduto. Alle offese di Cecco rispose però, in difesa di Dante, il pistoiese ser Guelfo Taviani con il sonetto Cecco Angelier, tu mi pari un musardo, in cui si rimprovera l’insolenza del senese che ha osato offendere un saggio, come Dante, esperto anche di filosofia. La “dimidiata corrispondenza” (Contini) con Cecco si configura dunque, insieme alla tenzone con Forese Donati e al Fiore, come una ulteriore rilevante testimonianza dello sperimentalismo stilistico dantesco.

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