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Percorso tematico   Home Page > Percorso tematico > Snodi tematici della riflessione dantesca > La riflessione politica

La riflessione politica

fotografiaLa riflessione politica dantesca, che contiene accenti di marcata originalità rispetto alla trattatistica coeva, è organicamente sviluppata nella Monarchia, ma era già stata avviata nel IV trattato del Convivio e sarà ribadita in vari luoghi delle Epistole e della Commedia. Accettata la distinzione aristotelica tra il fine terreno e quello spirituale dell’uomo, Dante non ne deduce la superiorità dell’uno sull’altro, differenziandosi in ciò da Tommaso d’Aquino e dalla tradizione tomistica. Egli infatti, al di là di presunte esagerazioni laiciste e attualizzanti, ha sempre aderito, suggestionato forse dall’averroismo, ad un’impostazione dualistica, ponendo l’accento sulla separazione tra l’ambito temporale e quello spirituale. Riconosciuta la raggiungibilità di una felicità terrena e definito tale fine nell’ambito della mortalità dell’uomo, l’esistenza di un’altra finalità, soprannaturale, si colloca per Dante su di un piano escatologico, fuori dalla storia, appartiene cioè all’ordine della Grazia e non a quello della Natura. Perché l’umanità, accecata dalla cupidigia, non si smarrisse, Dio ha dunque istituito una duplice guida: nell’ordine temporale, preposto alla felicità terrena, l’imperatore, che di fatto si identifica con il Diritto stesso; nell’ordine spirituale, preposto al conseguimento della vita eterna, il pontefice. E dalla distinzione dei due piani scaturisce inevitabilmente la reciproca indipendenza delle due autorità, efficacemente definite in Purg., XVI 107-8 “due soli […], / che l’una e l’altra strada / facean veder, e del mondo e di Deo”. Ma la lucida riflessione teoretica si intreccia costantemente nell’opera di Dante con la veemente denuncia della cupidigia che imperversa sulla terra e che ha reso di fatto vacanti sia il potere spirituale sia quello temporale, distruggendo la pace, scatenando il male e privando l’uomo degli strumenti necessari al conseguimento dei suoi fini. Sull’irriducibile antagonismo dantesco rispetto al presente si inserisce però una forte ansia riformatrice e, in definitiva, una messianica prospettiva di palingenesi.

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