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Percorso tematico   Home Page > Percorso tematico > Gli autori e i libri > Tommaso d’Aquino

Tommaso d’Aquino

fotografiaBenché le indagini degli ultimi decenni sul pensiero di Dante abbiano contribuito a rettificare l’immagine del tomista ortodosso, suggerendo persuasivamente la necessità di considerare le suggestioni albertine, averroiste, agostiniane dell’eclettico o, meglio, complesso sistema ideologico dantesco, resta tuttavia acquisito che nella formazione intellettuale di Dante sia stato decisivo il ruolo giocato da Tommaso, verso cui il poeta manifestò sempre grande ammirazione sia per le competenze teologiche, sia per l’azione pastorale, come dimostra la centralità riconosciuta a Tommaso nel cielo del Sole in Paradiso. La conoscenza di Dante del corpus aristotelico fu infatti mediata prevalentemente dai commenti tomistici, frequentemente citati, esplicitamente e non, nel Convivio, ma delle opere di Tommaso il poeta fiorentino apprezzò, accanto ai contenuti, anche il rigore e la chiarezza argomentativi, la finezza intellettuale e la precisione concettuale, il “discreto latino”, ossia ‘l’esposizione piana e precisa’, di Par., XIII 144. Del resto, soprattutto quando si consideri che Dante non fu un filosofo di professione e che dunque alcune sottili distinzioni tra modelli speculativi differenti, enfatizzate dagli studiosi moderni, dovettero apparirgli irrilevanti, non si potrà non riconoscere che il pensiero di Dante si accorda con quello dell’aristotelismo cristiano di Tommaso su molte questioni fondamentali. Basti qui segnalare almeno la convergenza nel respingere l’ipotesi averroista dell’intelletto unico, salvaguardando così l’unicità dell’anima individuale; e soprattutto la subordinazione, riconosciuta da entrambi contro il volontarismo della tradizione mistico-francescana, della volontà all’intelletto, con l’inevitabile corollario che per il Dante di Par., XXVIII 110-11 l’essenza della beatitudine si fonda “… ne l’atto che vede, / non in quel ch’ama che poscia seconda”, esattamente come per il Tommaso di Summa Theologica, I II 3 4: “l’essenza della beatitudine consiste in un atto dell’intelletto […] infatti non si ama se prima non si conosce”[1]

[1] “essentia beatitudinis in actu intellectus consistit …. non enim diligitur nisi cognitum”.

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