Averroè
Il filosofo arabo-spagnolo Averroè (1126-1198) fu autore di numerosi testi filosofico-scientifici, nonché di un impegnativo commento ad Aristotele, che, tradotto in latino all’inizio del XIII secolo, si diffuse nei grandi centri universitari europei, dando vita a una corrente di pensiero nota come averroismo o aristotelismo radicale, di cui gli esponenti più noti furono Boezio di Dacia e Sigieri di Brabante, e i cui capisaldi teorici (eternità del mondo; concezione dell’intelletto possibile come unico e separato per tutta la specie umana, con conseguente negazione dell’immortalità dell’anima individuale; rigorosa distinzione e reciproca autonomia di filosofia e religione) entrarono spesso in conflitto con l’ortodossia prima musulmana e poi cristiana.
Collocato nel Limbo e ricordato come autore del “gran comento” (Inf., IV 144), Averoé, citato occasionalmente nel Convivio, nella Monarchia, nella Questio e anche, respingendone però una tesi, in Purg. XXV, costituì, sia pure attraverso la mediazione delle opere di Sigieri e soprattutto di Alberto Magno, una delle fonti filosofiche e scientifiche cui Dante fece ricorso con particolare frequenza soprattutto nel Convivio e nella Monarchia. Benché non vi sia tra i dantisti uniformità di vedute sull’influenza delle dottrine averroistiche nelle opere di Dante, si può tuttavia almeno sottolineare, sulla scorta dei classici studi di Nardi, Corti, Vasoli, nonché su quelli più recenti di Imbach[1], che almeno nel trattato politico, come è noto, però, di incerta datazione, si trovano incontestabili affinità tra il pensiero di Dante e l’aristotelismo radicale: si pensi almeno all’insistenza del III libro della Monarchia sulla distinzione dei due fini dell’uomo, beatitudine terrena e celeste, e sul rifiuto della subordinazione della prima alla seconda, e si confronti questo dato con la metodologica separazione tra filosofia e teologia che costituì l’apporto essenziale dell’averroismo alla riflessione filosofica medievale.
[1] R. Imbach, Dante, la filosofia e i laici, Genova-Milano, 2003.

